martedì, gennaio 31, 2012

IL CARCIOFO: UN POTENTE ANTIDOTO CONTRO IL “LOGORIO DELLA VITA MODERNA”. QUELLO SARDO E’ UNO DEI PIU’ RICERCATI SUL MERCATO.



Oristano 31 Gennaio 2012

Cari amici,

quando si dice Sardegna! Oggi Vi voglio parlare di uno dei vegetali più straordinari che la natura ci ha regalato: il carciofo. Conosciuto da tempi antichissimi non si è mai saputo con esattezza dove abbia avuto inizialmente origine. Nelle varie selezioni che nel tempo ha avuto il carciofo, la varietà “Spinoso di Sardegna”, per una serie di condizioni favorevoli (terreno posizione, clima, etc.), oggi è certamente ritenuto uno dei migliori sul mercato. Ecco la sua interessantissima storia partendo dalle più antiche notizie che lo riguardano.

Sull'origine del carciofo continuano a mancare solide certezze. In compenso, abbondano congetture ed ipotesi: c'è chi afferma che ad iniziarne la coltivazione furono gli Egizi, e chi invece nega che Egizi ed Ebrei lo conoscessero; alcuni lo ritengono originario dell'Asia, altri sostengono che è nato in Occidente. Chissà...!

In ogni caso, chiari accenni al carciofo si rintracciano già nella tradizione sia greca che romana. Nella mitologia greca esso è l’incarnazione di Cynara, una ninfa cara a Zeus. Cynara era bellissima e Zeus se ne invaghì. Era bella, ma anche volubile e capricciosa e perciò il dio geloso la trasformò in ortaggio, verde e spinoso. Il colore ricorderebbe infatti gli occhi di Cynara e le sue spine le tante pene che il dio patì per la gelosia. Quest’ortaggio ha però un cuore dolce come quello della fanciulla che inizialmente lo aveva incantato. Passando alla storia romana troviamo che Teofrasto (300 a.C.) nella sua "Storia delle piante" descrive le caratteristiche e le virtù dei "cardi pineae", mentre Plinio il Vecchio (I° sec d. C.) nella "Naturalis Historia" ne documenta l'uso nella cucina romana; Decio Bruno Columella nel "De Re Rustica" asserisce che in quel tempo già era in auge la coltivazione del carciofo a scopo sia alimentare che medicinale. Teofrasto e Galeno lo raccomandavano ai pazienti come diuretico e rilassante; Columella, invece, lo considerava caro a Bacco e Plinio il Vecchio ne decantava le sue virtù nella cucina romana. Nel mondo egizio pare che al tempo di Tolomeo Everegete, re dell’Egitto dal 246 al 221 a.C. , ai soldati fosse ordinato di mangiare carciofi, per ricavarne una dose maggiore di forza e coraggio.

Vegetale perfettamente integrato e gradito sia nelle tavole greche che romane, del carciofo si perdono le tracce nelle epoche successive. In seguito all’arrivo dei barbari in Italia sparì la sua coltivazione, reintrodotta successivamente dagli spagnoli in Sicilia. L’oblio di questo vegetale durò a lungo, praticamente fino alla fine del Medio Evo. Di questo periodo mancano notizie certe, mancano ricette e fonti letterarie, dal momento che la stampa non esisteva ed i manoscritti circolavano poco. E’ nel rinascimento che si assiste alla riscoperta del carciofo: la sua coltivazione si estende in diverse regioni italiane. Pietro Mattioli, noto medico senese del '500, scrive cosi su un suo trattato sulle piante medicinali: «veggonsi ai giorni nostri in Italia carcioffi di diverse sorti: spinosi, sia serrati che aperti, non spinosi, rotondi, lunghi, aperti e chiusi, e di quelli che rassemblano alle pine dei pini».

Nel secolo XV il carciofo era dunque ben diffuso in Italia. Venuto dalla Sicilia, approda in Toscana verso il 1466. In Francia si dice che fu introdotto da Caterina de' Medici, la quale gustava volentieri i cuori di carciofo. Madrina d'eccezione, Caterina de' Medici (1519-1589), che dalla sua Toscana lo portò in Francia nel 1547, quando andò sposa ad Enrico II facendone il cibo più à la page della capitale francese. Le male lingue dell’epoca ne dissero ’di cotte e di crude’ a proposito di Caterina de’ Medici.

Educanda quattordicenne, tracagnotta e bruttina, con gli occhi a palla caratteristici della famiglia Medici, venne dai “cugini francesi” sdegnosamente definita la "grassa bottegaia fiorentina", quando arrivò a Marsiglia per sposare il bel coetaneo, delfino della corona, Henri de Valois, il futuro Enrico II d'Orléans. Figurarsi cosa pensavano di lei quelle malelingue, circa il fatto che impiegò 10 anni per … fare un figlio! Anche per questo, si narra che la "bottegaia" ricorresse a molti alimenti che riteneva afrodisiaci. Entravano nell'elenco: cardo, scalogno, zucchine, sedano, funghi, fave, cipolle, e carciofi. (Afrodisiaci o meno, sappiamo che Caterina mise alla luce ben nove eredi!) Le cronache del tempo riportano un pranzo di gala, con il carciofo protagonista, dato in suo onore dalla città di Parigi nel 1549.

L’avanzata del carciofo si estendeva nel nord Europa. Dall’Olanda i carciofi raggiunsero anche l’ Inghilterra: abbiamo notizie che nel 1530 venivano coltivati nel Newhall nell'orto di Enrico VIII. Poi la coltivazione di questo straordinario ortaggio varcò l’oceano e raggiunse l’America. Nel continente americano, il carciofo cominciò ad essere coltivato circa due secoli dopo (1700) da parte dei colonizzatori, in particolare dagli immigrati francesi, in Louisiana, verso gli inizi del 1800. Ancora oggi, a New Orleans, in molti dei ristoranti del quartiere francese il carciofo viene servito come contorno per ostriche e altri frutti di mare. Gli Spagnoli, invece, provvidero a trapiantarlo in California nell'area di Monterey, dove, favorito dalle ottime condizioni climatiche, attecchì al punto da divenire una vera "pianta invasiva", quasi una minaccia per l’habitat della zona. Ciò, però, non impedì alla cittadina costiera di Castroville (5000 abitanti) di auto-proclamarsi "Centro Mondiale dei Carciofi'' e di festeggiare, nel mese di maggio, questo titolo con un frequentatissimo "Festival del Carciofo", (Artichoke Festival) con tanto di elezione della "reginetta": la prima Artichoke Queen ad essere eletta, nel 1949, fu una certa Marylin Monroe!

Oggi la coltivazione del carciofo è diffusa in gran parte del mondo, con tecniche moderne. Se ne producono annualmente circa 13 milioni di quintali, dei quali il 46% in Italia. Il carciofo riveste, quindi, una notevole importanza nell'economia agricola italiana: è tra le specie ortive più coltivate, collocandosi al 3° posto.

Vediamo ora, insieme, le principali caratteristiche di questo straordinario vegetale.

Il carciofo (Cynara cardunculus L. ssp. scolymus (L.) Hegi) è una pianta della famiglia delle Asteraceae. Le Asteracee (Asteraceae Martynov, 1820), note anche come Compositae Giseke, (1792, nomen conservandum), sono una vasta famiglia di piante dicotiledoni dell'ordine Asterales. Il carciofo, perciò, è parente stretto sia del cardo sia (chi l'avrebbe sospettato?) dell'assai più romantica margherita!

E’ una pianta erbacea perenne alta fino a 1,5 metri, provvista di un rizoma sotterraneo dalle cui gemme si sviluppano più fusti, che all'epoca della fioritura si estendono in altezza con una ramificazione dicotomica. Il fusto è robusto, cilindrico e carnoso, striato longitudinalmente. Le foglie presentano uno spiccato polimorfismo anche nell'ambito della stessa pianta. Sono grandi, oblungo-lanceolate; le estremità delle foglie sono più o meno spinose, a seconda delle varietà. I fiori sono riuniti in un capolino (detto anche calatide) di forma sferoidale, conica o cilindrica e di 5–15 cm di diametro, con un ricettacolo carnoso e concavo nella parte superiore. Sul ricettacolo sono inseriti i fiori, tutti con corolla tubulosa e azzurro-violacea e calice trasformato in un pappo setoloso. Nel capolino immaturo l'infiorescenza vera e propria è protetta da una serie di brattee spinose all'apice. Fiori e setole sono ridotti ad una corta peluria che si sviluppa con il procedere della fioritura. In piena fioritura le brattee divergono e lasciano emergere i fiori. La parte edule del carciofo è rappresentata dalla base delle brattee e dal ricettacolo, quest'ultimo comunemente chiamato cuore.

L’attuale carciofo coltivato (Cynara scolymus), nelle sue ampie varietà, deriva con buona certezza dal suo progenitore selvatico (Cynara cardunculus); la sua “domesticazione” pare sia avvenuta in Sicilia, a partire dal I secolo circa.

Le varietà di carciofo sono classificate secondo diversi criteri. I principali sono i seguenti:

  • In base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distingue fra varietà spinose e inermi. Le prime hanno capolini con brattee terminati con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate.
  • In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette e verdi.
  • In base al comportamento nel ciclo fenologico si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili. Le prime si prestano alla forzatura in quanto possono produrre capolini nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile. Le seconde sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell'inverno.

Fra le varietà più famose si annoverano il "Paestum" (carciofo IGP proveniente dall'omonima città della magna grecia di Capaccio-Paestum) Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d'Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, la Mammola verde, il Romanesco, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il violetto di Niscemi. Le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, fra i tipi autunnali forzati, e il Romanesco e il Violetto di Toscana fra quelli primaverili non forzati. Lo Spinoso sardo, una delle varietà più apprezzate nel mercato locale e in alcuni mercati dell'Italia settentrionale ha subito un drastico ridimensionamento dagli anni '90 a causa della ridotta pezzatura media dei capolini e della minore precocità di produzione rispetto ad altre cultivar più precoci (Tema, Terom, Macau, ecc.).

Lo Spinoso sardo, dunque una delle varietà più apprezzate. Quali le sue particolari qualità ? Eccole.

Il carciofo, abbastanza ricco di ferro, risulta di buon valore nutritivo e di basso apporto calorico. Per la cultura popolare possiede virtù terapeutiche e salutari grazie alla ricchezza della sua composizione: sodio, potassio, calcio, fosforo, ferro, vitamine (A, B1, B2, C, PP), acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici; È quindi per la tradizione: tonico, stimolatore del fegato, sedativo della tosse, contribuisce a purificare il sangue, fortifica il cuore, dissolve i calcoli e disintossica.

La medicina popolare ha attribuito al carciofo particolari virtù terapeutiche, forse a causa dell’aroma caratteristico. Oggi il carciofo viene apprezzato come fonte di cellulosa e di fibra alimentare. Ha uno scarso contenuto vitaminico ma è piuttosto ricco, invece, di sali di potassio e di ferro (scarsamente utilizzabili); Il suo apporto calorico è trascurabile. Contiene, inoltre, la cinarina, sostanza particolarmente amara contenuta nelle foglie, nello stelo e nell'infiorescenza, che svolge nell’organismo un'azione benefica sulla secrezione biliare, favorisce la diuresi renale e regolarizza le funzioni intestinali. Altro principio attivo è la cinaropicrina. I suoi contenuti vitaminici, infine, son utili per ridurre la permeabilità e la fragilità dei vasi capillari. Il carciofo è utilizzato anche in cosmesi. Il suo succo svolge un'azione bioattivante, vivificante e tonificante per la pelle devitalizzata e foruncolosa.

Le attività farmacologiche più note ed importanti sono:

- Coleretica: la Cinarina contenuta nel carciofo provoca un aumento del flusso biliare e della diuresi.

- Epato-protettrice: è l’azione più conosciuta e utilizzata. Anche il Cardo Mariano precursore del carciofo è utilizzato allo stesso scopo.

- Ipocolesterolemizzante: allo stato attuale è l’azione più importante e studiata. La Cinarina contenuta nel carciofo in una buona quantità è risultata avere un importante ruolo nell’abbassare il livello del colesterolo. Tale effetto farmacologico è stato dimostrato da numerosi studi scientifici. Le dosi terapeutiche di Cinarina variano da 60 mg a 1,5 g.

Effettivamente, esistono diversi studi scientifici che dimostrano una serie di effetti positivi legati all'assunzione della cinarina. Il primo è quello antidispeptico, in particolare coleretico, un altro è la capacità di ridurre la lipemia, in particolare la quantità totale e la frazione LDL (Low Density Lipoproteins) del colesterolo e i trigliceridi. Non è ancora chiaro il meccanismo d'azione ma sembrerebbe che gli ingredienti attivi siano alcuni acidi capaci di stimolare a livello epatico la promozione della circolazione sanguigna, la mobilizzazione di energie di riserva, l'aumento degli epatociti con un doppio nucleo, l'aumento del RNA (Acido Ribo-Nucleico) contenuto nelle cellule epatiche, e l'attivazione della mitosi cellulare.

Oggi la qualità è importante. Un buon carciofo deve avere le seguenti caratteristiche: punta chiusa, foglie esterne di colore verde scuro, interne tenere, assenza di peluria, gambo tenero e senza ammaccature. Nella prima raccolta si ottengono una decina di carciofi per pianta, che in seguito rigenera producendo un certo numero di carciofi più piccoli e teneri. Le sostanze contenute nel carciofo sono assolutamente prive di tossicità.

Per trarre beneficio di queste straordinarie qualità curative, bisognerebbe assumere una quantità di carciofo fresco pari a 100-300 g al dì, per un periodo abbastanza prolungato. Il carciofo alla luce dei più recenti studi deve essere considerato un autentico toccasana. Il suo uso dovrebbe entrare nella quotidianità alimentare d’ogni individuo, e in particolar modo in quei soggetti che hanno o potrebbero avere, per ragioni ereditarie, un livello di colesterolo superiore alla media. Alle sue straordinarie proprietà benefiche si associa inoltre una grande e sapida gradevolezza. Il suo uso in cucina è uno dei più vari, capace di accompagnare una straordinaria varietà di pietanze. E’ molto duttile il carciofo: qualunque tipo di carne o di pesce, grasso o magro, con il carciofo acquista un sapore ed una preziosità uniche. Fritto, in minestra, imbottito, crudo, gratinato, bollito, associato a carne, pesce, uova, selvaggina e frutti di mare, il carciofo è sempre un impareggiabile compagno di viaggio. Può essere abbinato ad antipasti, primi piatti o secondi, nulla gli è vietato. Ai carciofi si sposano bene vini frizzanti, bianchi o rosati, freschi e ben strutturati, morbidi. Oltre che fresco il carciofo può essere consumato conservato: sott’olio, sott’aceto, in crema da spalmare e in tante altre maniere, antiche o moderne. In Sardegna è considerato un re senza rivali!

Il Carciofo Spinoso di Sardegna è prodotto in alcuni comuni delle province di Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Oristano, Nuoro, Ogliastra, Sassari, Olbia-Tempio. Si caratterizza per la limitata astringenza, il sapore gradevole, conferito dall’equilibrata sintesi di amarognolo e dolciastro, per la tenerezza della polpa che ne favorisce il consumo allo stato crudo. La produzione, la cultura del carciofo ed il suo legame con il territorio trovano le radici sin dal periodo dei Fenici ed arriva fino ai nostri giorni, dove rappresenta una delle economie cardine dell’agricoltura isolana. Testimonianze scritte della presenza del carciofo in Sardegna sono riscontrabili già nella seconda metà del XVIII secolo nel trattato del nobile sassarese Andrea Manca dell’Arca.

Sin dai primi decenni del ‘900 si assiste ad un importante rinnovamento dell’agricoltura isolana e si passa, anche per il carciofo, da una produzione destinata all’autoconsumo ad una produzione specializzata, orientata verso i mercati di consumo nazionali ed internazionali. Ed è in questo periodo che si diffonde la notorietà del Carciofo Spinoso di Sardegna e il suo forte legame con l’isola. Nella nostra tradizione culinaria prevale la cottura in umido, in olio extra vergine d' oliva, aglio, prezzemolo e una leggera spuntata di timo; si combina con tanti piatti di carni, ovine e caprine, in particolare con minestre asciutte e di riso, o in zuppa con tutte le leguminose, ma su tutte emerge l'accostamento alle patate gialle di montagna. Lega con grande dolcezza con i formaggi freschi, in umido o al forno.

La sua alta qualità ha ottenuto la Denominazione d’Origine Protetta (D.O.P.) “Carciofo Spinoso di Sardegna”, riservata ai carciofi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel Disciplinare di Produzione.

Il Carciofo, l’incarnazione di Cynara, la bellissima ninfa cara a Zeus, continua a far innamorare un numero sempre maggiore di estimatori. E’ una straordinaria verdura, duttile e moderna da almeno cinque secoli, capace di coniugare piacere e salute, sfizio e leggerezza, fantasia e sapore. Facile da preparare, veloce da cuocere. Massimo risultato con il minimo sforzo. Il carciofo è un esempio perfetto di ottimizzazione. Il miglior antidoto contro le tante peripezie dell’attuale modus vivendi: rapidità e qualità.

Chi ha la mia età ricorderà certamente che negli anni ‘60 un famoso amaro a base di carciofo (Cynar), era pubblicizzato con questo slogan: "Contro il logorio della vita moderna". Sarebbe il caso di riportare in auge questa definizione, magari cercando di vivere, facendo ricorso o meno al carciofo, un po’ più serenamente.

Certo questo non sarà facile! Però il carciofo, ne sono certo, con le sue molteplici e salutari virtù ci aiuterà almeno a sopportare meglio il defatigante quotidiano logorio impostoci dalla globalizzazione!

Grazie dell’attenzione.

Mario

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