martedì, marzo 19, 2013

DOPO LA FAMIGLIA ENTRA IN CRISI ANCHE L’ASSOCIAZIONISMO SOCIALE. ALLA RICERCA DEL “FILO DI ARIANNA” PER USCIRE DAL LABIRINTO E RITROVARE IL GIUSTO PERCORSO.

Oristano 19 Marzo 2013


Cari amici,

la lenta trasformazione della famiglia e la conseguente crisi d’identità della stessa ha contagiato anche le collaterali strutture che ne derivano, in primis le associazioni. Oggi assistiamo non solo ad un rallentamento della partecipazione alle diverse forme associative, utili in tutti i campi, ma addirittura ad una diminuzione del numero dei partecipanti. Frutto, questo, certamente della lunga crisi economica che, principalmente a causa della globalizzazione dei mercati, ha radicalmente trasformato le precedenti autonome economie dei singoli Stati. L’associazionismo, come ben sappiamo, ha radici antiche anche se la vera consacrazione, sotto forma di strutture regolamentate, cresce e si sviluppa in America nell’Ottocento. E’, infatti, la particolare e “nuova” libertà che in America vivono le popolazioni emigrate dalle parti più svariate del mondo a moltiplicare queste libere forme di aggregazione. Nel nuovo mondo costruito senza re, sovrani o nobiltà, i cittadini impostano la loro nuova vita in libertà e democrazia, dando vita ad un nuovo modello di Società.

Lo studio più completo ed interessante sulla nascita e sullo sviluppo dell’associazionismo lo realizzò Alexis de Tocqueville (Verneuil-sur-Seine, 29 luglio 1805 - Cannes, 16 aprile 1859), un nobile francese che nel 1830 si recò negli Stati Uniti per studiare l’evoluzione della democrazia americana. Al suo rientro in Francia riportò la sua esperienza americana nel libro “ Democrazia in America”  che gli diede fama e notorietà. L’interesse di Tocqueville verso il sistema democratico  americano scaturiva  dalla convinzione che la democrazia era il fine ultimo cui tendeva il nuovo processo storico; era quel nuovo “movimento sociale” che, contribuendo a dissolvere il precedente ordinamento aristocratico-feudale, metteva le basi per l’eliminazione delle monarchie, ancora ben presenti e ben radicate in Europa. Sull’onda di questa libertà vissuta nel “nuovo mondo”, assenti le farraginose strutture aristocratiche europee, il nuovo Stato aveva assunto una funzione minimale. Libertà che fece sorgere, praticamente in modo spontaneo, associazioni di ogni tipo da parte dei cittadini.
Scrive nel suo libro prima citato “Democrazia in America”, Alexis de Tocqueville:

“… L’abitante degli Stati Uniti impara fin dalla nascita che bisogna contare su se stessi per lottare contro i mali e le difficoltà della vita; egli rivolge all’autorità sociale uno sguardo diffidente e inquieto, e fa appello al suo potere solo quando non ne può fare a meno. Si comincia a notare questo fin dalla scuola, dove i bambini si sottomettono, persino nei loro giochi, a regole che essi hanno stabilito e puniscono fra loro colpe da essi stessi definite. Lo stesso spirito si ritrova in tutti gli atti della vita sociale. Si crea un ostacolo sulla pubblica via, il passaggio è interrotto, la circolazione bloccata; i vicini si costituiscono subito in corpo deliberante; da questa assemblea improvvisata uscirà un potere esecutivo che rimedierà al male, ancor prima che l’idea di un’autorità preesistente a quella degli interessati sia venuta in mente a qualcuno. Se si tratta di divertimenti ci si assocerà per dare più splendore e organizzazione alla festa.[….] Negli Stati Uniti ci si associa per scopi di sicurezza pubblica, di commercio, di industria, di morale e di religione. Non vi è nulla che la volontà umana non creda di poter ottenere grazie alla libera azione del potere collettivo degli individui…”.

                      
Perché dunque, oggi, l’associazionismo, quella struttura cosi libera ed aggregante che ha svolto nel tempo una funzione insostituibile nella Società, è entrato in crisi? E’ solo per un fatto esclusivamente di natura economica o c’è dell’altro? L’utilità dell’associazionismo è certamente fuori discussione. E’ una di quelle verità che sembrano “di per se stesse evidenti”, per adoperare l’espressione resa popolare da Thomas Jefferson. Eppure anche un sostenitore convinto dell’associazionismo, si trova a volte ad essere dubbioso sulla validità universale dell’approccio associativo ai problemi sociali. Nella scala dei valori l’associazione viene certamente dopo la famiglia, primo ed insostituibile nucleo fondante della Società. Preso atto di questa gerarchia credo che la crisi dell’associazionismo, parta proprio da questa dipendenza. La crisi economica che sta colpendo in questo periodo soprattutto i Paesi industrializzati ha messo in crisi fasce sociali prima in possesso di un “benessere sociale” con un surplus da redistribuire all’esterno della famiglia. La diminuzione di questo surplus, spesso al di sotto anche della soglia delle necessità, ha costretto la famiglia a svolgere un ruolo inatteso: un ruolo di compensazione interna, rispetto al precedente impiego delle risorse. Ridistribuendo il reddito al proprio interno, la famiglia ha dovuto sacrificare, prima diminuendo e poi anche azzerando, la relazionalità economica e sociale precedentemente rivolta verso l’esterno. E questo ha provocato e sta provocando “una necrotizzazione” delle relazioni sociali.
Ma l’associazionismo, in particolare quello sociale, non può e non deve assolutamente perire! Il suo ruolo è fondamentale come valvola di compensazione tra le varie fasce reddituali e la sua scomparsa creerebbe un danno incalcolabile. Tutti insieme, a partire dalle Istituzioni, dovremo operare per la sua salvaguardia, riscoprendo e dando un ruolo fondamentale al “Terzo Settore”, fondato sulla logica del “dono”. La crisi in atto della socialità imperniata sull’economia trasforma “l’associazionismo sociale” in un attore strategico imprescindibile per la funzione sociogenetica che è alla base della sua essenza. Questo associazionismo, legato a quel “terzo circuito” imperniato sul dono e non sul mercato, sulla liberalità e sulla reciprocità, ha oggi una funzione fondamentale: quella di non far dissolvere i legami sociali. Questo terzo polo fondato sulla logica del dono, concepito non come meccanismo residuale ma centrale della società, acquisirebbe l’importante compito di ricreare, di rigenerare quelle relazioni sociali in crisi. Contrariamente allo scambio di mercato, rapporto che si esaurisce in maniera immediata, il dono è capace di stabilire un legame, di ricreare relazioni latenti o interrotte, con una potenza superiore alla logica ed alla forza del mercato. Per dare maggior valore e forza all’associazionismo sociale è necessario un ineludibile coinvolgimento da parte dell’autorità pubblica. Lo Stato non può e non deve ritirarsi da questo terreno, poiché mancando la funzione svolta da queste strutture la distanza tra le fasce sociali abbienti e quelle in difficoltà si allungherebbe eccessivamente. Il peso della crisi che stiamo vivendo deve vedere tutti coinvolti: cittadini ed Istituzioni. E’ necessario bandire la tentazione di scaricare unicamente sul volontariato compiti che non sono i suoi. Aiutare i più deboli è una necessità che riguarda tutti. Il Terzo Settore ha svolto e deve continuare a svolgere quella funzione insostituibile di “stanza di compensazione”, deve lottare a viso aperto, tirar fuori l’orgoglio della propria missione, quella di saggio equilibrio tra le logiche del mercato e quelle della solidarietà.

Nessuno può tirarsi indietro!

Mario


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