mercoledì, marzo 20, 2013

ALEXIS DE TACQUEVILLE UN “ARISTOCRATICO” EUROPEO DELLA PRIMA META’ DELL’800. UN NOBILE DAL LUNGIMIRANTE PENSIERO DEMOCRATICO, ANCORA OGGI DI STRINGENTE ATTUALITA’.

Oristano 20 Marzo 2013
Cari amici,

ho conosciuto meglio il pensiero di Alexis de Tocqueville durante la preparazione della mia prima tesi di laurea in Scienze della Comunicazione e Giornalismo. In questo studio sociologico su una importante associazione di servizio (il Rotary International) ebbi modo di conoscere le diverse opere di Tocqueville, considerato uno dei maggiori studiosi dell’associazionismo. Mi resi conto anche, attraverso la lettura delle sue opere, che Tocqueville, per quei tempi, era stato un uomo straordinariamente moderno, con una visione della democrazia e del suo successivo sviluppo quasi profetica. Oggi Alexis de Tocqueville, come scrive Luca Pesenti, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (su “Tracce. Litterae Communionis”, febbraio 2004, p. 90-92), è ancora di incredibile e straordinaria attualità. Per comprenderne a fondo la sua “modernità” ecco una sintesi della sua biografia, la cui attenta lettura ci consente di capire meglio l’uomo, il politico, il filosofo e lo storico.

Il visconte Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville nasce a Parigi il 29 luglio 1805. Suo padre era un osservante sostenitore della monarchia borbonica ed il suo bisnonno era un aristocratico liberale ucciso durante la Rivoluzione francese; sua madre, invece, era una devota cattolica romana. Gli impegni del padre di Tocqueville, importante prefetto presso diverse città, lo fecero crescere lontano dalla famiglia per gran parte della sua giovinezza. In assenza del padre, l'abate Lesueur lo seguì a lungo come suo tutore. All'età di 16 anni Tocqueville entrò al Royal College a Metz per studiare filosofia. E’ in questo periodo che le idee liberali iniziano a farlo dubitare circa il ruolo dell'aristocrazia nel governo francese; lo travaglia anche una profonda crisi religiosa che lo segnerà per il resto della sua vita. Terminati gli studi al Royal College all'età di 18 anni, Tocqueville si trasferisce a Parigi per studiare legge. In questo frattempo la carriera del padre di Tocqueville continuava la sua ascesa e nel 1826 diventa prefetto di Versailles, la prefettura più influente di tutta la Francia, tanto che nel 1827 è nominato “Pari” da Carlo X. Il giovane Alexis, nel frattempo ottiene il suo primo incarico come apprendista magistrato presso la corte di Versailles. La sua crescita professionale, però, camminava di pari passo con le sue aumentate simpatie liberali, e la  crescente convinzione che il declino dell'aristocrazia era ormai inevitabile.

La rivoluzione di luglio del 1830, in cui Carlo X abdicò e Luigi Filippo salì al trono, ebbe forti ripercussioni sulla vita familiare di Tocqueville. Il primo risultato negativo fu che il padre di Tocqueville perdette la sua nobiltà e anche la sua posizione di magistrato divenne precaria. Vedendo che la Francia si stava muovendo verso una democratizzazione crescente, il giovane Tocqueville rivolse le sue attenzioni verso gli Stati Uniti, visti come modello politico democratico. Con il pretesto di voler studiare le riforme carcerarie in America, ottenne il permesso di recarvisi, al fine di acquisire una maggiore conoscenza della politica americana. La sua convinzione era che conoscendo meglio la democrazia in atto negli Stati Uniti, avrebbe potuto, poi, utilizzare questa conoscenza per influenzare lo sviluppo politico della Francia. Prima del rientro in Francia Tocqueville visitò anche l'Inghilterra per studiare meglio il sistema di governo inglese.
Nel 1835 pubblicò la prima parte dei risultati del suo soggiorno americano che diede alle stampe con il titolo “Democrazia in America”. Era un’analisi molto positiva della società americana e della forma di governo che la reggeva. Il libro fu molto ben accolto in tutta Europa. Il 1935 fu anche l’anno del suo matrimonio: Tocqueville sposò Maria Motley, una ragazza inglese non di nobili origini, scandalizzando tutto il suo aristocratico nucleo familiare. L’anno successivo, nel 1836, la madre di Tocqueville morì. Dopo la morte di sua madre Tocqueville rientrò nell'attività politica. Nel 1837 corse per la Camera dei Deputati ma non fu eletto. L'anno successivo fu nominato alla Legione d'Onore per la “democrazia in America” e nel 1839 riuscì a farsi eleggere alla Camera dei Deputati. Nel 1840 completò e diede alle stampe la seconda parte della “Democrazia in America”.

Questo volume, a differenza del primo, muoveva precise critiche agli eccessi della democrazia americana, mettendo a fuoco i pericoli che si nascondevano all’interno della democrazia: dall’aumentato “dispotismo” della pubblica amministrazione all’eccessiva centralizzazione governativa. Nel 1841 fu eletto all'Accademia francese e all'Accademia delle Scienze morali e politiche. Alla Camera dei Deputati, Tocqueville sostenne l'espansione della potenza navale nello sfidare il dominio britannico e il ruolo dell'insegnamento della Chiesa cattolica in una disputa nata tra la Chiesa e l'Università. Questo atto, coerente con quanto affermato in “Democrazia in America", ribadiva l'importanza rivestita dalla religione in una democrazia. Dal punto di vista politico, il pensiero di Tocqueville si stava muovendo, ormai, sempre più verso sinistra. Nel 1844 divenne uno dei proprietari del giornale radicale Le Commerce ma l’anno successivo lasciò il giornale a causa del suo fallimento finanziario immanente. Tocqueville, perfetto conoscitore delle logiche di potere, tenne un discorso all'inizio del 1848 predicendo lo scoppio di una rivoluzione, ma il suo avvertimento fu ignorato. La rivoluzione, invece, come preventivato scoppiò, anche se da Lui non condivisa. Lavorò, comunque, per aiutare a formare il nuovo governo all'indomani della rivoluzione. Venne eletto all'Assemblea Costituente e contribuì a scrivere la costituzione della Seconda Repubblica. Tocqueville l'anno successivo fu eletto all'Assemblea legislativa e divenne Vice Presidente dell'Assemblea e Ministro degli Affari Esteri. Questa posizione non durò a lungo, però, perché il presidente Luigi Napoleone Bonaparte lo licenziò quello stesso anno. Dopo il suo licenziamento Tocqueville subì un crollo fisico e andò in Italia per curarsi e rimettersi in salute. Tornò a Parigi nel 1851, prima del colpo di stato di Luigi Napoleone. Fortemente contrario al colpo di stato, Tocqueville fu incarcerato per breve tempo e poi escluso dai pubblici uffici per essersi rifiutato di giurare fedeltà al nuovo regime. Escluso dalla vita politica tornò ai suoi studi e si concentrò sullo scritto "L'antico regime e la rivoluzione francese nel 1850". Questo lavoro è un fedele resoconto della storia francese fino alla rivoluzione del 1789 e mette in risalto tutti quei fattori che portarono al fallimento della Rivoluzione. Nel 1856 morì il padre. Solo pochi anni dopo, il 16 aprile 1859, Tocqueville morì di tubercolosi. I suoi Ricordi sono stati pubblicati postumi nel 1893.
L’attenta lettura della sua non certo tranquilla esistenza dimostra quanto “avanti” fosse il pensiero di Tocqueville in un’epoca in cui la democrazia era ancora un grande e misterioso oggetto. Gli studiosi di oggi, in particolare Luca Pesenti, accreditano a Tocqueville una modernità di pensiero di straordinaria attualità ancora oggi. Scrive di Lui Luca Pesenti (nell’opera prima citata):
“Ogni epoca ha i suoi simboli, i suoi feticci, i suoi spettri. Prima l'epoca di Marx, della classe operaia pronta per il paradiso, della rivoluzione permanente, dell'eguaglianza contro la libertà. Poi l'epoca di Max Weber, dell'individualismo protestante al servizio del capitalismo, della caduta dei legami che tengono insieme popoli e uomini, dell'utilitarismo di massa, della libertà contro la fraternità.
Oggi, non sembrano esserci dubbi: il simbolo più coerente con lo spirito del tempo è Alexis de Tocqueville, che, benché morto da quasi centocinquanta anni, non ha perso la sua stringente attualità: la democrazia e l'America, la religione e lo Stato, le comunità e la libertà. Tutto sintetizzato nelle sue opere, «La democrazia in America» e «L'antico regime e la rivoluzione». A lui guardano tutti quelli che ragionano di crocifissi sui muri delle scuole, di scontri di civiltà da evitare, di democrazia da difendere o magari da esportare, di comunità da rifondare, di libertà da proclamare. A Tocqueville si rifanno i neo-comunitaristi, preoccupati per la crisi dei legami caldi, di parentela e solidarietà, e per le conseguenze sulla tenuta stessa della civiltà d'Occidente. Ma a lui guardano anche alcuni elementi di punta del pensiero neoconservatore, balzati agli onori delle cronache per essere divenuti le guide teoriche della presidenza Bush: a loro piace molto il teorico della libertà e del suo rapporto stringente con la religione, il sostenitore dell'autonomia della società rispetto allo Stato. E anche dentro la Chiesa c'è chi, come il cardinale Camillo Ruini, guarda a Tocqueville come a un riferimento teorico inevitabile. Insomma, oggi si direbbe che Tocqueville è un pensatore "bipartisan": scavalca le tradizionali categorie e pone nel cuore dell'Occidente domande decisive per la sua stessa sopravvivenza.”.

Tocqueville nei suoi studi afferma che non c’è democrazia senza libertà. “Ci vuole un popolo educato e responsabilizzato, capace di superare i rischi, che pur ci sono, di un regime democratico.”. In questa affermazione  Tocqueville ribadisce che la democrazia va costantemente “difesa” dagli eccessi.

Come? “Attraverso sei condizioni necessarie.”

Tocqueville ha identificato una serie di condizioni (sei per l’esattezza), necessarie per la difesa della libertà nelle società democratiche.

L’attento esame di queste sei condizioni, se avrete la pazienza di seguirmi, le troverete nella mia prossima riflessione, dove cercherò anche di affrontare il problema della difficile “democrazia interna” dell’ormai famoso “MOVIMENTO 5 STELLE”.

Grazie della Vostra attenzione.

Mario


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