lunedì, settembre 30, 2013

«Peppetto Pau, l’usignolo dolce ardente del Sinis, il fido custode del sacro, dei miti della sua Terra». (Antonio Amore, 1989)




Oristano 30 Settembre 2013

Cari amici,
danno titolo a questa mia riflessione le parole che il prof. Antonio Amore, con intensa commozione,  dedicava dalle colonne della Nuova Sardegna, il 27 Luglio 1989, al Suo amico carissimo prof. Giuseppe Pau. Le parole del prof. Amore, rivolte al caro Peppetto, erano un vero  e proprio “atto d’amore” nei confronti di un uomo che ad Oristano e al suo territorio aveva dedicato tutta la vita, diventando un punto di riferimento straordinario e preciso per la nostra cultura.
Peppetto Pau è stato un intellettuale oristanese dai grandi sentimenti. L’illustre concittadino, figura di spicco nel panorama culturale sardo del Novecento, era nato nel 1915. Scomparso nel 1989 Pau fu poeta, scrittore, studioso d'arte e di archeologia, ma soprattutto un grande storico appassionato della sua città. Di Lui, che ha lasciato tante “tracce” scritte del Suo pensiero, possiamo riassaporare molti aspetti, letterari e poetici della Sua “mitica” personalità, legato com’era sentimentalmente e “indissolubilmente” alla sua e nostra terra. Tra narrativa e poesie, Peppetto, definito il “magico cantore del Sinis” ci ha lasciato ampi sprazzi del Suo pensiero, capaci di farci comprendere meglio la complessità della sua anima poliedrica.

 










Tante le opere che, chi volesse approfondire e comprendere la sua conoscenza, può sfogliare e studiare. Peppetto, infatti, non si limitava a scrivere saltuariamente liriche o racconti che, poi, custodiva gelosamente in cassetti mai accessibili ad estranei, ma lavorava in continuazione. Tra le tante cose scritte ecco le più importanti. Nel 1979  pubblicò “Il Sinis”, omaggio a quella terra che amava più di ogni altra; nel 1980 “Quattro note storiche sullo stemma della IV Provincia”, dove, rifacendosi all’illustre passato, ne riepilogava le nobili origini; nel 1984 “Sa Sartiglia di Oristano”, un’ode incredibilmente amorosa, sull’antica giostra, vanto e gloria del nostro territorio; nel 1986 “Oristano e il suo volto”, oltre altre, sempre importanti, ed una straordinaria raccolta di poesie.
La Sua poliedrica personalità è cosi ben descritta dal cattedratico Salvatore Naitza, che parla di Peppetto Pau in questi termini: “…una nobile e complessa personalità dell’intellettuale poligrafo, ma nella sostanza poeta” e che “la sua passione per il Sinis, storia e attualità, manifestata in tanti scritti assume il valore di un proprio auto riconoscimento del popolo oristanese, visto miticamente e realisticamente insieme, nel nesso inscindibile del passato fenicio e classico, sardo e giudicale come nella sua continuità storica: un vero nodo di contraddizioni risolte in unità irripetibile e struggente, colta dal Pau, e risolta, attraverso una poesia raffinata, dai toni lirici e sensuali”.

La città lo ritiene, oltre che “cantore del Sinis”, luogo da Lui amato immensamente, anche il vero cantore della Sartiglia. 
La Confartigianato, che ancora oggi attribuisce la “Maschera d’Argento” (riproduzione in metallo prezioso della maschera de “Su Componidori” della Sartiglia), ad uomini illustri che hanno dato visibilità ad Oristano, assegnò nel 1998 questo ambito riconoscimento alla memoria del prof. Peppetto Pau, con questa motivazione: A Peppetto Pau d'Oristano, poeta del cielo, della terra e del mare di Sinis, per aver amorosamente studiato la Sartiglia, di cui ha svelato l'anima-triste come i coriandoli all'alba sulle strade dopo la pioggia della notte e per aver cantato la città della Sartiglia dove i rami dei pioppi guardano le ultime maschere, straccioni di un giorno e di ogni giorno piangono”.

 Il suo amore smisurato aveva, però, il Sinis nel profondo del Suo cuore. A Capo Mannu, la punta estrema della penisola del Sinis, luogo dove la natura è ancora protagonista, luogo conosciuto in tutta Europa dagli amanti del surf, windserf e kite e dove, quando soffia il maestrale le onde raggiungono oltre i 4 metri, Lui, Peppetto, ritrovava la Sua anima, confondendo il Suo respiro con quello del mare. Ecco, ricavate dai Sui ricordi, le parole d’amore per questa terra: "…portatemi un giorno sulla collina del Sinis, davanti al Mediterraneo, e mettetemi sotto la nuca una conchiglia verde perché la voce del mare mi canti ancora all’orecchio. Ch’io dorma là, tra i lentischi, cisti ed asfodeli, col suono delle onde sull’arenaria, sotto l’ala dei falchi e il volo ampio e molle dei gabbiani...".
Il Sinis era anche Tharros, dove gli scavi, prima clandestini, mettevano sempre più in luce la straordinaria civiltà che aveva albergato su questo lembo di terra straordinario. La profonda conoscenza e competenza che il prof. Pau aveva, anche a livello archeologico, fecero si che nel Febbraio del 1945 la Giunta Comunale di Oristano lo nominasse primo Direttore dell’Antiquarium Arborense. Ricoprì quell’incarico fino alla sua morte nel 1989. In tutti quegli anni fu l’anima del Museo che, anni dopo, gli fu intitolato dal Comune.
Cari amici ho conosciuto personalmente Peppetto Pau. Ho avuto modo di apprezzare le Sue grandi doti di studioso, ma soprattutto di poeta, innamorato in modo straordinario della Sua terra. 

Voglio chiudere questo mia riflessione, con una delle Sue bellissime poesie, che porta per titolo una domanda difficile:  

“MA A CHI REGALERO’ LE CONCHIGLIE SE RITORNERO’ TRA GLI UOMINI?”
Eccola.


1. Lunghe onde si avventano…

  
Lunghe onde si avventano
contro banchi di alghe.
Io fiuto il profumo dei pini
macchia verde
verso la torre solitaria
e raccolgo valve rosse di arselle
murici bianchi
ricci violetti
che schioccano
nel cavo delle mie mani
e fischiano
e hanno voce e odore di mare.
In me pulsa
l’anima dei Tritoni.
Scorre nelle mie vene
il sangue forte
di deità marine.
Ma a chi regalerò le conchiglie
        Se tornerò tra gli uomini? 

        2. Non so più il nome dei mesi
Non so più il nome dei mesi  
ma porto negli occhi
il colore dei fiori.
L’anima mia è profumo
amaro di prunella.
E’ stupore di un sentiero
tra rovi secchi che sfocia
sotto il verde di un pino
in un mare d’ulivi.
Che nessuno colga
i primi ranuncoli azzurri.
Lasciate morire le orchidee di velluto
di miele e d’avorio.
Non parlate guardando le pervinche.
                      Forse è primavera.

Sono felice, cari amici, di aver conosciuto personalmente un uomo straordinario!
Credo che dedicherò una delle mie prossime riflessioni alla storia del nostro museo, l'Antiquarium Arborense.
Grazie della Vostra sempre gradita attenzione!
Mario      

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