giovedì, dicembre 05, 2013

CHIUSURA COL BOTTO AL 4° E ULTIMO APPUNTAMENTO DELLA “SCUOLA GENITORI 2013”: LA PROVOCATORIA RIFLESSIONE DI PAOLO CREPET HA RIMESSO IN DISCUSSIONE IL NOSTRO CONSOLIDATO COMPORTAMENTO GENITORIALE.



Oristano 5 Dicembre 2013

Cari amici,

grande serata quella di ieri al teatro Garau per la conferenza di chiusura del progetto “Scuola Genitori 2013”. Il tenore dell’incontro con il prof. Paolo Crepet, pur ipotizzato “vivo e dibattuto”, è stato un vero e proprio  “atto d’accusa”,  nei confronti di noi genitori, spesso troppo morbidi e, almeno nella gran parte dei casi, restii o addirittura incapaci di mettere in atto i comportamenti più adeguati alla loro formazione ed educazione. Acuta e lucida la riflessione del professore, e noi, quasi fulminati dal suo incalzante ragionamento, abbiamo ascoltato e meditato con attenzione ed in silenzio le sue parole. Che Paolo Crepet sia un “grande” lo sappiamo da tempo. Ecco, per chi lo conosce meno, un suo sintetico curriculum.
Paolo Crepet è piemontese: è nato a Torino nel 1951. Conseguita la Laurea in Medicina e Chirurgia a Padova, consegue successivamente la laurea in Sociologia presso l'Università di Urbino. Dopo la specializzazione in Psichiatria diventa Medico ricercatore presso l'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Arezzo in un progetto di ricerca sulla "Prevenzione delle Malattie Mentali". I suoi studi intanto proseguono: borse di studio internazionali, ricerche, coordinatore del "Primo corso di metodi e applicazioni dell'epidemiologia psichiatrica", organizzato dall'Istituto Superiore della Sanità e dal C.N.R. e patrocinato dall'O.M.S.
Negli anni successivi presta la propria preparazione e consulenza a numerose istituzioni pubbliche. Tra i tanti incarichi ricoperti, Crepet è stato anche Membro dell'Unità Operativa del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Trieste (nell'ambito del Progetto Finalizzato del CNR "Fattori di malattia", sotto progetto "Stress"), per la ricerca "Salute mentale e stress. Studio delle reazioni individuali da stress a diverse condizioni di precarietà lavorativa", e Consulente Associato del "Centre for Mental Health Services Development" del King's College, Università di Londra. E dal 1992 al 1995 è stato Consulente dell'Osservatorio Nazionale per lo studio delle tossicodipendenze in ambiente carcerario del Ministero di Grazia e Giustizia.
A livello accademico è stato professore a contratto di "Psichiatrica Sociale II" presso l'Istituto di Psichiatria e Psicologia Medica della Facoltà di Medicina dell'Università di Napoli e di "Linguaggi e culture giovanili" nel Corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell'Università di Siena. Autore di numerosi libri e pubblicazioni è oggi un importante punto di riferimento sia in Italia che all’estero.
Lo “stile Crepet”, informale e apparentemente di “rottura”, lo abbiamo toccato con mano ieri sera, fin dal primo istante. All’apertura della conferenza, degnamente presentato dalle responsabili del progetto, Daniela Nurra e Stefania Carletti, il prof. Crepet, dopo il saluto alla platea, ha gentilmente declinato l’invito a sedersi al tavolo della conferenza, preferendo, quasi con un colpo di teatro, sedersi sulla sedia, da Lui stesso spostata ai bordi del palco, direttamente di fronte al pubblico. Anche il suo abbigliamento era piuttosto informale: camicia a quadri sotto un maglione blu, pantaloni beige in velluto a coste, scarpe chiare in pelle morbida. Abbigliamento inusuale, certo, per un conferenziere del suo calibro, ma significativo, a cui siamo abituati dalle sue presenze televisive.
Fin dalle prime battute abbiamo capito, forse con timore, dove il “grande pensatore” sarebbe andato a parare! E’ partito con l’antica massima “Chi lascia la strada vecchia per la nuova…”, lasciando intendere che lui, mai stato pavido, aveva da subito scelto di andare controcorrente: aveva sempre cercato di prendere proprio la nuova di strada, ricordando anche Dante: “Fatti non foste a viver come bruti…”! Il messaggio appariva subito forte e chiaro: i genitori debbono avere coraggio, voglia di scoprire, non limitarsi ad essere solo degli “yes man”, ma soprattutto con i propri figli debbono trovare la forza di “educarli lasciandoli liberi”. Libertà, quella da Lui suggerita, che, come ben sappiamo, pochi di noi sono disposti a concedere! Libertà che significa non soffocarli, lasciandoli anche sbagliare, evitando di accontentarli sempre, dicendo Loro sempre si, si, si! Dobbiamo metterci in testa che dobbiamo essere capaci di dire anche dei no, dei no non urlati, meglio se sussurrati, ma dei NO veri, non di quei no che in tempi brevi diventano prima ni e poi si! Dobbiamo imparare a dare fin da subito maggiore responsabilità ed autonomia ai nostri figli, non gestendo la loro vita come se fossero ancora incapaci di camminare.  Riflettiamo con quali ansie iniziamo la giornata familiare: sveglia, colazione, vestiti da indossare, poi “che fai stamattina? Stasera? A che ora torni? Abituiamoli, invece, all’autonomia ed alla corretta gestione di se stessi.
I genitori, ha detto Crepet, «devono fare meno di quanto fanno adesso per loro i figli». Secondo Crepet, infatti, «è inammissibile che li si debba svegliare al mattino, portare a scuola e magari far loro anche i compiti». Da subito i ragazzi, debbono capire che «è arrivata l’ora di arrangiarsi, proprio come facevamo noi alla loro età». I genitori oggi sono le “sveglie” dei figli, dei “bancomat”, sono “tassinari”, sono “genitori catering”! Il genitore per i figli non è un compagno qualsiasi ma qualcosa di diverso: deve essere il capitano, il punto di riferimento, che con il giusto equilibrio sa mantenere rotta e distanze. Il genitore non è un “amico” del figlio.  Parole forti quelle pronunciate,  che la platea ascoltava in religioso silenzio. Libertà, ha continuato il prof. Crepet, che non significa riempire ansiosamente i bisogni dei nostri figli, ma insegnare Loro a ingegnarsi per soddisfare i loro desideri; se lo facciamo noi togliamo loro la voglia di farlo, di riuscirci, soffocando, anziché stimolando la loro capacità e creatività. Noi, in cuor nostro, li vorremmo identici a noi, come clonati, con il loro pensare uguale al nostro, ma non è così: Loro sono molto diversi, non funziona il classico “copia e incolla”! Ci si può provare a farli uguali a noi in molti modi, con la forza, imitando magari la gerarchia militaresca del “padre padrone” (che noi sardi abbiamo toccato con mano tra libro e film), ma non funziona. Difficile essere autorevoli senza essere autoritari! L’autorevolezza non ha bisogno di atti di forza o di parole forti, a volte basta uno semplice sguardo. Riflettiamo, dobbiamo essere dei veri capitani per i nostri figli, ha detto Crepet: guidarli senza sostituirsi a loro in tutto e per tutto, ma stimolare il loro impegno.
Quando vedo un ragazzo che ha 30 anni e non ha voglia di fare niente, ha detto il professore, di chi sarà stata la colpa? Forse nostra, perché non lo abbiamo aiutato a crescere bene da piccolo, soddisfacendo ogni sua richiesta: se chiedeva 10 gli davamo 20, se chiedeva il trenino gli davamo quello più grande, facendogli capire che poteva avere tutto, senza dare niente in cambio, evitando di dargli quei NO che invece lo avrebbero aiutato. In questo modo ne abbiamo fatto un  “Piccolo Budda”, come quando prendeva in mano il telecomando e  decideva per tutti cosa vedere in tv, dove andare in vacanza, cosa e quando mangiare., ottenendo senza dinieghi qualsiasi cosa. Tutto ciò non solo è sbagliato ma non è sano. Se dai tutto ad un bambino gli toglierai il desiderio, cioè, la mancanza di una “cosa”. Il bambino deve imparare a guadagnarsela, ad inventarla, a costruirla da solo, la “cosa” che vuole, che desidera. I bambini che non hanno cicatrici sulle gambe, non sono mai caduti. I pavimenti di alcune scuole sono anti trauma. Perché dobbiamo far credere ai nostri bambini che nella vita si rimbalza? Viviamo in una società fragile, un bambino che cade si deve rialzare da solo, così capirà che è più forte dopo quella piccola ferita. 
Dobbiamo evitare che questo nostro “soffocarli” faccia di loro dei soggetti mediocri, che acquisiscano un diploma “finto” o una laurea presa magari in medicina A Tirana! Insegniamo loro libertà e autonomia, anche lasciandoli volare lontano da noi, pur se questo ci fa sanguinare il cuore. Anzi, stimoliamoli a farlo! Perché è con la sofferenza e con la determinazione che diventeranno forti e si faranno valere. Perché domani solo i bravi, quelli capaci, saranno l’asse portante della Società, e noi dobbiamo tracciare Loro la strada (non percorrerla noi per loro, prendendoli in braccio), pensando al loro futuro. Questa la nostra grande responsabilità educativa, portata avanti davvero da “capitani” dei nostri figli, dosando con intelligenza i si ed i no, facendo capire che loro che per avere devono anche dare, senza pretendere tutto senza dare niente in cambio.
In questa attuale società malata, che vede i giovani senza lavoro, il nostro compito è grande e difficile. “Qual è il futuro dei nostri figli? Difficile dirlo. I dati attuali sono raccapriccianti: 2 milioni e 500 mila giovani con meno di trent’anni non lavorano e non studiano”, dice Paolo Crepet. I giovani non possono più aspettare. Le masse di giovani disoccupati sono talenti sprecati per il futuro. Sono giovani bravi, hanno dei valori, credono nell’amore, sono etici, eppure inoperosi. Con la crisi si assiste alla “stanzialità” dei nostri figli che rimangono a casa e cercano lavoro. Il lavoro, ricordiamocelo, dice Crepet, non lo si aspetta ma bisogna inventarlo, crearlo. Bisogna essere intraprendenti, avere il coraggio di creare delle cooperative, di formarsi, di inventare, di lavorare secondo le proprie capacità, secondo quello che realmente sappiamo fare. Se abbiamo dato Loro gli strumenti, libertà, autonomia, regole, li avremo anche preparati a volare, a lasciare il nido. “Fate volare i Vostri figli”, ha detto il professore, noi genitori siamo solo istruttori di volo!
E’ con amore e con intelligenza, che possiamo cercare di fare al meglio il mestiere di genitori. La prova se ci siamo riusciti sarà possibile solo alla fine, non esistono riscontri intermedi. Quando, ormai in tarda età, se i figli torneranno a trovarci, se passeranno un po’ del loro tempo con noi, solo allora lo potremo toccare con mano il nostro successo o il nostro fallimento. Quando il nostro sguardo incrocerà il loro, in quel lampo di sguardi che può durare anche un solo istante, potremo avere la risposta. Un istante in cui potremo constatare se siamo stati dei veri capitani, o dei semplici marinai nella grande nave della vita.
Grazie professor Crepet della bella lezione che ci ha consentito di “guardarci dentro”, di riflettere sul nostro importante ruolo di formatori e di educatori, delle nuove generazioni. A me personalmente Paolo Crepet è piaciuto molto. MI hanno colpito in modo particolare i due esempi finali, entrambi pungenti ma perfettamente calzanti. Il primo che paragona il percorso formativo dei nostri figli ad una tela da dipingere: “noi genitori dobbiamo mettere sulla tela bianca solo i colori base, ma il quadro debbono realizzarlo da soli, Loro”; il secondo che chiarisce che il nostro compito di educatori più che quello di “seminare” è quello di “impollinare”, da maggiormente l’idea del nostro difficile compito!
Parole sante, cari amici, che ci faranno riflettere a lungo. Un sentito grazie a tutti gli Organizzatori di questo interessantissimo Convegno “Scuola Genitori 2013”, augurandoci che  possa trovare presto altre edizioni.
Grazie, cari amici, dell’attenzione.
Mario

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Mario, puntuale ed esaustivo come al solito.E' davvero confortante e stimolante poter vedere persone che riescono ancora ad emozionarsi e a crescere continuamente anche nell'impegno sociale.
Grazie Daniela