venerdì, marzo 28, 2014

IL GRANDE MOSTRO DELLA BUROCRAZIA: SAPETE CHI L’HA INVENTATO? MI VIENE QUASI DA RIDERE DICENDOVI CHE SONO STATI GLI ANTICHI ROMANI…



Oristano 28 Marzo 2014
Cari amici,
della Burocrazia, volenti o nolenti, credo che nessuno possa farne a meno; questa specie di Boa Constrictor ci avvolge nelle sue spire dalla culla alla tomba! Fin dal momento della nascita essa ci catapulta negli uffici comunali a denunciarne l’evento, fino, poi, al decesso, quando è sempre la burocrazia a stabilire dove, come e quando il corpo, ormai privo di vita, potrà essere seppellito. Il termine “Burocrazia”, definito in maniera sistematica da Max Weber, indica il "potere degli uffici": un potere (o, più correttamente, una forma di esercizio del potere) che si struttura intorno a regole impersonali ed astratte, procedimenti, ruoli definiti in modo uniforme e immodificabili dall'individuo che ne ricopre la funzione. L'etimologia ibrida del termine, nasce dal francese bureau ("ufficio") connesso al greco krátos ("potere"). Ma questa grande piovra, che ci cattura con i suoi tentacoli giorno e notte, per tutta la vita, come e quando è nata? Chi ha avuto la malefica idea di inventare questo mostro? La risposta è datata: furono gli antichi romani ad inventarla, frutto della furbizia di un imperatore. Ecco la sua storia.
Fu l’imperatore Claudio, nel I secolo d.C., intollerante nei confronti del Senato dove era accentrato tutto il potere politico, a studiare un modo per cercare di svuotare questo potere, creando e interponendo, tra il Senato e la Società Romana, un “corpus di funzionari” ai quali era delegato il compito di applicare le leggi deliberate e le modalità di applicazione. Questi funzionari, inizialmente strettamente legati al potere imperiale, contribuirono in modo sostanziale a diminuire il peso del potere senatoriale, sostanzialmente svuotandolo. Una novità assoluta mai vista prima, rispetto al tradizionale accentramento del potere politico nelle mani del Senato, che, direttamente e senza filtri, condizionava la vita sociale. Questa machiavellica idea, portata avanti per tarpare il potere del Senato, si insediò facilmente nello spazio creato tra Senato e Popolo e, come un cancro, si installò e proliferò in modo irreversibile.
L’imperatore Claudio, per portare avanti la sua rivoluzione, affidò arbitrariamente i vari nuovi uffici “burocratici” ai suoi liberti (schiavi liberati), i cui nomi (Pallante, Narcisso e Callisto) sono ancor oggi sinonimo di corruttela, arbitrio, intrallazzo e cospirazione, non certo di rettitudine e di servizio al popolo romano. Questi burocrati ante litteram, designati direttamente dall'Imperatore, secondo quanto scrive Tacito nei suoi Annales: "esercitavano poteri regali con animo di schiavi".

L'articolazione e l'importanza della burocrazia continuarono a crescere ed espandersi in epoca imperiale, andando di pari passo con il potere ed il peso politico dei burocrati; questi, pur in possesso di un potere formalmente limitato e subordinato a quello imperiale, grazie ad un grande e variegato numero di norme e leggi e ad una ininterrotta proliferazione di nuove leggi e regolamenti (in gran parte poi confluiti nel Corpus Iuris), diventarono, invece, i veri “Deus ex Machina” dell’applicazione delle norme, acquisendone il vero potere applicativo ed esecutorio. Successivamente questo modo di procedere si consolidò costantemente, divenendone, per esempio, un tratto peculiare dell'impero bizantino e del suo complicatissimo cerimoniale: ancora oggi, infatti, il termine bizantinismo, come sinonimo di astrusità, cavillosità, pedanteria e tortuosità, è utilizzato quasi esclusivamente in riferimento alla burocrazia ed alle sue procedure. Nel corso del XX secolo il fenomeno burocratico acquisì nuove denominazioni qualificanti, quali: rigidità, lentezza, incapacità di adattamento, inefficienza, inefficacia, lessico difficile o addirittura incomprensibile (il cosiddetto burocratese), mancanza di stimoli, deresponsabilizzazione, eccessiva pervasività, tendenza a regolamentare ogni minimo aspetto della vita quotidiana.
Lord Cyril Northcote Parkinson, autore di un ironico libro (La legge di Parkinson) in cui criticava la burocrazia, osservò che, anche nel momento di massimo declino del sistema coloniale britannico, la struttura burocratica degli uffici coloniali continuava costantemente a crescere. Dalle sue rigorose osservazioni si evince che, in una qualsiasi organizzazione burocratica, il tasso di crescita degli impiegati si attesta su un 5-7% annuo, indipendentemente da qualsiasi variazione nel lavoro da svolgere. Tali fenomeni dipendono strettamente da elementi intrinseci al modello burocratico, che tende ad espandersi per perpetuare ed aumentare il proprio potere, diluendo nel contempo le responsabilità individuali.
Nel diciottesimo secolo il potere era tutto concentrato sulle norme di Legge e i funzionari burocrati, delegati ad applicarla, erano inquadrati in schemi assolutamente rigidi. Le norme stabilivano la non-proprietà, da parte del funzionario, dei mezzi di produzione del proprio lavoro, l’assoluta garanzia e stabilità del suo rapporto di lavoro (tanto che non poteva essere licenziato anche se sgradito al superiore) e gli avanzamenti di carriera. In epoca moderna l'introduzione sistematica di una burocrazia rigidamente organizzata risale all'epoca della costituzione dei primi Stati nazionali, con un ruolo di primo piano ricoperto da Napoleone Bonaparte. Questi riuscì a realizzare un apparato burocratico estremamente accentrato, fondato sulla funzione dei prefetti, per nulla pachidermico, anzi snello e ben funzionante; tant'è che dopo la restaurazione alcuni governi tentarono di imitarne il funzionamento, in testa a tutti la Casa Savoia, senza però riuscirvi del tutto.
L'età d'oro della burocrazia coincise con lo sviluppo dei rapporti capitalistici nella società europea: furono gli apparati a consentire agli Stati di pervenire a un più efficace e stringente controllo sulla massa dei sudditi-cittadini e a fornire strumenti idonei alla creazione di infrastrutture e provvedere ad un miglior governo del territorio. Pur se reclutati specialmente tra gli strati intermedi della borghesia e selezionati attraverso i canali dell'istruzione secondaria che si diffondevano nel corso del XIX secolo, i burocrati tesero a considerarsi come un gruppo sociale a sé stante; in particolare per l'omogeneizzazione introdotta da pratiche di lavoro ormai uniformi e a tal punto codificate da renderli “personaggi ben riconoscibili” nel panorama socio economico europeo. Lo status di “Burocrate” divenne ambito, contagiando ampie frange della borghesia urbana. Gli appartenenti divennero quasi una “casta”, titolari di una nuova identità collettiva, che si identificava nel servizio svolto nella Pubblica Amministrazione. Tuttavia la crescita abnorme della burocrazia all'interno degli Stati europei ottocenteschi pose il problema, a tutt'oggi non risolto, della sua “non congruità” (in eccesso) con le esigenze di governo dell'economia oltre che con la gestione democratica delle Istituzioni amministrative.
In epoca moderna, nonostante i profondi cambiamenti dell'assetto geopolitico, una migliore consapevolezza dei cittadini, nata anche dal confronto generalizzato con altre realtà oltre i confini nazionali, si è sviluppata una nuova sensibilità nei rapporti con la burocrazia. Si guarda anche con interesse alla struttura burocratica di Paesi tradizionalmente diversi, come quelli legati al sistema dello spoil system; sistema, quest’ultimo, di stretta marca anglosassone, dove il “cambio” di potere politico ha come conseguenza l’immediato turn over dell’alta burocrazia esecutiva, sostituita da un’altra di stretta fiducia dei nuovi governanti. Oggi, parlando dell’Italia, il peso della burocrazia è un macigno praticamente quasi impossibile da distruggere o almeno da modificare. Solo al sistema delle Piccole e Medie Imprese (Pmi) italiane la burocrazia costa quasi 31 miliardi di euro. Il dettaglio dei costi burocratici per ogni PMI lo troviamo nel seguente prospetto:

Credo che ogni commento sia superfluo. In questi ultimi vent’anni tutti i governi al potere hanno, almeno a parole, cercato di sostenere che la semplificazione era d’obbligo e che si sarebbe provveduto, con gradualità, a snellire oneri e procedure. Dall’eliminazione delle mille autorizzazione per aprire una nuova attività alla riduzione numerica della montagna di norme spesso in contrasto l’una con l’altra, dalla riduzione dei tempi di attesa per una licenza all’introduzione del silenzio-assenso per una concessione. Poco, però, è cambiato. Il gran Moloch della burocrazia è un mostro inestinguibile, dove la resistenza alla semplificazione è giustificata dalla paura della perdita del potere, grande o piccolo che sia, e che fa del funzionario preposto il depositario della verità e del conseguente accoglimento o negazione della richiesta. Il funzionario che ha il potere di concessione, parafrasando i romani che hanno inventato la burocrazia, sembra immedesimarsi nell’imperatore, che nell’arena al termine del combattimento dei gladiatori faceva pollice su o pollice verso, accogliendo o negando, dando anche oggi vita o morte alle iniziative proposte.
“Morire di Burocrazia” è il termine che oggi corre spesso sui titoli dei giornali. Cari amici, credo che “cambiare verso all’Italia” significhi anche cambiare verso alla burocrazia. L’impresa non sarà facile, ma non ci sono imprese facili e tutti debbono contribuire a far si che la lotta a questo mostro possa finalmente dirsi vinta!
Grazie, amici, dell’attenzione.
Mario


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