venerdì, luglio 04, 2014

IL BULLISMO SEMPRE PIU’ ESASPERATO: COME POSSIAMO COMBATTERLO? LA TERAPIA DEVE COINVOLGERE TUTTI: FAMIGLIA, SCUOLA E SOCIETA’.



Oristano 4 Luglio 2014
Cari amici,
di bullismo, come riportano sempre più spesso i giornali, si può anche morire. Il fenomeno, sempre più marcato, credo debba trovare adeguate soluzioni, anche se non sarà nè semplice nè facile. L’aggravarsi, in questi ultimi anni, del fenomeno che coinvolge ragazzi sempre più giovani, maschi e femmine senza distinzione, ha certamente cause che spaziano in mote direzioni: dal lassismo della famiglia al perduto prestigio della scuola, dall’evidente stato di malessere della Società, ormai multietnica e multirazziale, alla perdita dei valori forti di una volta (ordine, disciplina e rispetto tra generazioni), che sono stati sostituiti dal dilagare di “libertà” esagerate: nella famiglia, nella scuola e nella Società. Libertà costituita da “assenza di regole”, da mancanza di rispetto, sia verso i genitori che verso gli insegnanti, oltre che verso i rappresentanti delle Istituzioni.
Indubbiamente sarebbe troppo semplice pensare di attribuire in toto la colpa ai ragazzi, “nuovi bulli”, che spadroneggiano in casa a scuola e nel territorio. Dovremo essere in tanti, invece, a fare un bell’esame di coscienza! Come genitori, che sempre più abbiamo abdicato al nostro diritto/dovere di educare i figli; come insegnanti che, abbiamo abbassato la guardia e ci lasciamo travolgere dall’irruenza e mala educazione dei ragazzi e dei loro genitori; infine come società, perché l’immagine che diamo loro non è delle migliori: in tutti i settori da quello politico a quello economico non si contano più  gli episodi di corruzione, di prevaricazione, di ruberie e di malaffare.
A questo punto è necessario studiare nuovi metodi, nuove strategie educative, se vogliamo davvero riportare sul binario giusto i giovani. Cominciando a chiederci, in primis, dove e come abbiamo sbagliato finora. Se genitori, interroghiamoci su “che figure” i nostri ragazzi avrebbero voluto avere a fianco; se insegnanti, se il nostro approccio è stato quello giusto, con loro. Ponendoci in particolare una domanda importante: Chi è deputato ad intervenire quando loro fanno degli errori? Il primo degli interventi dovuti è senz’altro quello dei genitori, ma non l’unico: anche la scuola ne ha dovere e facoltà, perché essa è rimasta uno dei pochi spazi di “aggregazione sociale”, dove i giovani possono e debbono trovare degli adulti che svolgano la necessaria opera educativa. I vecchi spazi educativi, alternativi o complementari per i ragazzi, come la parrocchia o le sedi di partito, sono ormai poco frequentati ed i “nuovi spazi” come discoteche, concerti, cinema, etc., sono solo di tipo commerciale e diseducativo. Neanche la TV, a cui moltissime famiglie affidano per ore i propri figli, svolge una neanche minima funzione educativa, perché non in grado di coinvolgere direttamente i ragazzi.
Unici punti fermi restano, dunque, la scuola e la famiglia, punti imprescindibili, in particolare la scuola, che costituisce un vero “ponte” fra la famiglia e la Società. Scuola formalmente da sempre deputata a gestire la crescita dei giovani, luogo nelle cui aule essi devono imparare molte cose: non solo nozionismo ma regole di vita! Come vivere in mezzo agli altri, per esempio, come socializzare, come cercare e trovare integrazione, non solo con quelli che sono vicini, come i familiari, ma anche con gli altri, con i “diversi da loro”. Oggi, in una società multietnica e multirazziale, la scuola è una palestra di Comunità diverse: ci sono ragazzi molto diversi, sia come provenienza sociale che come provenienza culturale, religiosa, etnica e geografica. Questa diversità pone inevitabilmente dei problemi, anche se ha degli aspetti positivi, perché può essere osteggiata o rifiutata. Questo comporta, come conseguenza, che molti hanno paura della diversità e reagiscono in maniera aggressiva, altri, invece, richiudendosi in se stessi.
Il corpo insegnante spesso non è preparato a far comprendere e far assimilare ai ragazzi questo nuovo mondo globalizzato. Molti degli insegnanti ammettono di non essere preparati a questo compito, oltre ad avere, spesso, anche le famiglie dei ragazzi schierate contro. Alcuni decenni fa c’era un’alleanza tacita fra la famiglia e la scuola per cui, anche se i genitori pensavano che l’insegnante avesse torto, non sarebbero mai intervenuti contro di lui, sia perché intimiditi dalla scuola e dal proprio scarso livello culturale, sia perché ritenevano che il contrasto avrebbe provocato delle difficoltà di integrazione al figlio che si sarebbe trovato tra due fuochi. Oggi molte famiglie non accettano, o contestano, o intervengono a favore dei propri figli anche quando questi sbagliano perché si sentono messe sotto accusa, senza considerare che i ragazzi possono fare una serie di errori per motivi diversi, legati al processo di crescita.
Talvolta dietro i comportamenti sbagliati dei ragazzi ci sono proprio le carenze  manifestate dalla famiglia. Spesso accade che certi comportamenti vissuti in casa vengano riproposti nella relazione con i coetanei. Di solito il comportamento avviene per due meccanismi: quello dell'apprendimento e della rivalsa. Per esempio, il ragazzo che in famiglia assiste a scene di violenza, per identificazione e apprendimento tende a riportare questo comportamento in classe o nel suo ambiente. Il ragazzo pratica la violenza nei confronti dei suoi compagni perché si scopre più forte degli altri, imitando il modello familiare vissuto, oppure anche altri eventuali modelli appresi al di fuori della famiglia.

Nell’età della crescita nasce spontaneo il bisogno di fare “gruppo”. Fare clan è importantissimo, soprattutto per i ragazzi delle superiori che sono in fase adolescenziale. Questo è un periodo delicatissimo perché i ragazzi si trovano ad affrontare cambiamenti fisici, psicologici e sessuali. Inoltre, l'adolescenza si caratterizza in particolare per la necessità di svincolarsi dalle figure paterne e materna. Quindi, nel gruppo si ricerca quell'identità che molti ragazzi hanno difficoltà a trovare da soli. Il gruppo è fondamentale perché all'interno ci si sente forti: da un lato è gratificante, ci si sente accomunati e protetti dai comportamenti condivisi e, dall'altro, invece, si crea una forte "dipendenza dal gruppo", e questo può far diventare il clan un contenitore di violenza. Da qui nasce l’equazione gruppo = branco. Il bullismo cresce e si sviluppa proprio all’interno della dipendenza dal “Branco”!
Come combattere, dunque, il bullismo, partendo dal nucleo-base, la famiglia? Cosa i genitori possono e debbono fare? Innanzitutto essere presenti il più possibile. Una mente in crescita va seguita e indirizzata. Spesso, alla base degli episodi più gravi, c'è un disagio familiare e quello che non si dice è che il “bullo” prima di essere carnefice è stato vittima. Probabilmente vittima di aggressività che non è solo fisica ma, nella maggior parte dei casi, verbale e psicologica. La famiglia, primo luogo di formazione, è sicuramente anche il luogo dove i comportamenti sbagliati dei genitori aumentano le possibilità di aggressività e la conseguente costruzione della personalità “sbagliata” del figlio, bullo potenziale.
Nel periodo delicatissimo della formazione non ci si può limitare, ne da parte dei genitori ne da quella degli insegnanti,  a “stare a guardare”, a non fare niente; sono i ragazzi stessi che si aspettano reazioni, atte a correggerei i propri impulsi, perché sono nella fase della crescita: cresce sia il loro corpo che il loro sistema nervoso. Il cervello diventerà completamente maturo fra i venti e i ventidue anni, ma  a 14 o 15 anni, pur apparendo bravi in alcune o tutte le discipline, i centri dell’emotività non sono ancora in perfetto equilibrio, per cui delle emozioni molto forti possono non essere controllate appieno, condizione questa ben diversa da quella di un adulto quando prova un’emozione forte, della stessa intensità. Gli studi condotti in vari paesi, fra cui l’Italia, ci dicono che il 30-33% dei ragazzi che erano bulli a scuola poi sono diventati dei criminali in seguito. Questa ulteriore conferma ci deve convincere a intervenire tempestivamente, senza indugio.

Credo, cari amici,  che il problema debba essere davvero affrontato, senza perdere tempo, perché ne va del futuro di molti ragazzi che, altrimenti, rischiano seriamente di uscire dal circuito della regolare vita civile, finendo per aumentare le fila dei giovani criminali. Tutto dobbiamo considerarci impegnati a 360 gradi: famiglie, scuola e società. Anche tu che leggi. Pensaci!

Grazie amici della Vostra attenzione.
Mario





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