domenica, ottobre 05, 2014

TRA SOGNO E REALTÀ, TRA TERRA E CIELO. IL SOGNO, COME PROIEZIONE DELLA NOSTRA MENTE VERSO IL FUTURO, VERSO L’ALTRA VITA?



Oristano 5 Ottobre 2014
Cari amici,
credo che tutti noi sogniamo, chi più chi meno. Chi ricorda i sogni e chi, invece, si sveglia senza ricordare, immagazzinando in un file nascosto il lavoro notturno della mente. Perché oggi faccio questa riflessione con Voi? Il motivo è semplice: la notte scorsa ho fatto un sogno strano, particolare. Sotto certi aspetti credo molto diverso dai tanti che ho fatto prima, per quanto apparentemente somiglianti. Sono certo che un sogno così “particolare” incuriosisce anche Voi, per cui ho deciso di raccontarvelo.  L’ho volutamente intitolato “DAL PRESENTE AL FUTURO”. Eccolo.

DAL PRESENTE AL FUTURO.
La giornata precedente il sogno non era stata molto diversa dalle altre. Il mio solito lavoro al computer (mi alzo regolarmente tra le 6,45 e le 7,15) fino alle 11, poi giro in città, amici e rientro a casa per il pranzo. La sera riposino pomeridiano, letture, uscita con Santino per accompagnarlo in palestra per l’allenamento di tiro con l’arco, breve passeggiata, cena, TV e “ultimo giro” di computer, prima di andare a dormire, poco dopo mezzanotte.
Come spesso mi succede, credo di aver preso sonno subito. Penso di aver iniziato a sognare poco dopo, durante il primo sonno. Mi sono ritrovato in pieno centro storico ad Oristano. Era una bella mattinata, luminosa, calda ma non afosa, tipica proprio dei primi giorni d'autunno. Era una delle mie solite passeggiate giornaliere; avevo appena superato il palazzo del Banco di Sardegna e mi avviavo verso Piazzetta Corrias, passando per Via Serneste. Mentre, godendomi la passeggiata, mi avviavo verso la piazzetta, vedo salire a passo lento un uomo che con mio grande stupore e meraviglia mi lascia di stucco: era proprio il mio amico Aldo! Impossibile, pensavo, non può essere, perché da tempo ormai ci ha lasciati, non è più tra di noi. Rallento il passo e poi mi fermo del tutto, in attesa di vedermelo passare davanti. L’uomo, con gli occhiali spessi che gli ho sempre conosciuto, cammina a testa un po’ bassa, cosa che vagamente ancora mi fa dubitare che sia Lui, ma poi ogni incertezza si scioglie: al momento dell’incrocio Lui alza lo sguardo e mi riconosce, e in quel momento, senza ombra di dubbio, ne ho la certezza assoluta: è proprio Lui, il mio amico Aldo.
Sono così confuso e in difficoltà per l’incredibile (direi impossibile) incontro che a mala pena, oltre il classico sorriso di circostanza, quasi non riesco a dirgli ciao. E’ Lui a rompere il ghiaccio dicendomi: “Ciao Mario, che ci fai qui vicino al Banco di Sardegna? Neanche ora che sei in pensione, riesci a staccartene!”. Io, confuso, riesco a rispondergli “No, no, passavo di qui, ma non certo per la nostalgia del passato lavoro, facevo un passeggiata”. Ci guardavamo, però, in modo strano; io, in particolare, lo osservavo come si guarda qualcosa di impossibile. Nella mia mente si accavallavano domande su domande, che avrei voluto fargli, ma che avevo però difficoltà a porgli. Alla fine, rotti gli indugi,  trovai il coraggio di dirgli: “Senti Aldo, lo sappiamo tutti che non fai più parte di questo mondo, come mai a Te è stato concesso di tornare, dopo la morte, tra noi su questa terra?”. Non mi rispose subito, quasi volesse trovare le parole giuste per farmi capire meglio quanto stava per dirmi.
“Vedi, mi disse, gli esseri umani non vivono solo la vita iniziale, quella “fisica”, all’interno di un corpo materiale, corruttibile, che ha una sua durata molto limitata. Quella è la fase iniziale della vita, che inizia quando veniamo al mondo e termina quando il nostro corpo fragile, per una qualsiasi ragione, perde le sue capacità di funzionamento. Quella terrena è solo una prima brevissima parte della nostra esistenza, che potremo definire anche come una specie di “rodaggio”; in questo periodo apprendiamo i primi rudimenti della conoscenza e vengono testate le nostre qualità, le nostre capacità, che ci serviranno concretamente nell’altra vita”.
Ero letteralmente senza parole. Lo ascoltavo senza profferire sillaba, anzi cercavo addirittura di respirare lentamente per non perdermi neanche un briciolo di quanto mi stava dicendo. Mentre io, pur apparentemente immobile, ero molto agitato e nervoso, Lui era calmo, rilassato, di una calma quasi serafica, senza alcun patema d’animo. Eppure lo avevo conosciuto battagliero e combattente! Per una vita intera aveva operato commercialmente, creando dal niente aziende e posti di lavoro, aveva fatto parte della vita pubblica, economica, sociale, sportiva e di relazione del nostro territorio. Vederlo ora così calmo e sereno, se da un lato mi meravigliava, dall’altro, non so come, riusciva anche a tranquillizzarmi, calmando la mia ansia e la mia agitazione.
Mentre camminavamo lentamente mi prese sottobraccio e mi disse: “Vedi, forse è un bene che quando siamo in vita non sappiamo cosa ci attende dopo, perché altrimenti vivremo in modo sbagliato il percorso terreno. Essendo questo una specie di test per “il dopo”, è meglio che nessuno sappia cosa è destinato a “fare dopo”, al termine del test-rodaggio! Sappi anche che l’altra vita è molto diversa da quella che abbiamo vissuto su questa terra. L’egoismo, l’accumulo di ricchezze, lo sfruttamento degli altri, la prevaricazione, sono bassezze di questo mondo: nell’altro tutto questo è solo polvere, varranno solo le nostre capacità di relazionarci con gli altri in modo “illuminato”. Per gli altri, per gli incapaci, ci sarà solo il buio: gelido e infinito. Anche se le mie parole sono difficili da comprendere, forse ti serviranno per riflettere”. Il nostro incontro è stata un’eccezione, avviene solo in casi rarissimi”.
Ero impietrito, incapace non solo di parlare ma anche di muovermi al suo fianco. All’improvviso un’auto imboccò Via Serneste in velocità: eravamo al centro della strada e per scansarla mi gettai letteralmente su un lato, cadendo rovinosamente a terra. La brutta caduta fece svanire il sogno: mi svegliai di soprassalto, madido di sudore e con il respiro affannoso. Mi guardai intorno e mi resi conto che era stato davvero un sogno: ero a letto e mia moglie, a fianco a me, dormiva beatamente. Muovendomi lentamente per non svegliare nessuno, cercai di calmarmi; anche se era stato solo un sogno, quanto sognato era ancora perfettamente visibile nella mia mente. Non riuscii più a dormire. Dopo un po’ mi alzai, feci colazione, e, ripetendo i soliti riti che in automatico faccio tutte le mattine, iniziai la mia giornata. Il sogno, però, non lo avevo dimenticato. Nella mia mente, come un disco sul piatto, esso continuava a girare.
Che dire, cari amici, il sogno particolare di quella notte non mi ha ancora abbandonato. Credo voglia significare qualcosa, anche se non so cosa. Sono un cristiano e sono certo che, dopo questa vita, ne abbiamo un’altra, quella infinita, dove verremmo collocati da Dio, in relazione al nostro percorso terreno. Forse Aldo mi voleva ricordare proprio questo: che è proprio il nostro percorso terreno, quello che Lui ha chiamato “test-rodaggio”, che dobbiamo cercare di fare nel modo migliore; solo così, impegnandoci al massimo nel bene, superando positivamente quel “Test”, senza sotterfugi e furbizie, potremo davvero sperare in un buon “posto” nell’altra vita!
Ciao a tutti.
Mario

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