mercoledì, novembre 26, 2014

ESISTE ANCORA LA RICONOSCENZA? UNA VECCHIA FAVOLA CI CONFERMA DI NO. L’ANTICA STORIA DELL’ASINO CADUTO NEL POZZO.



Oristano 26 Novembre 2014
Cari amici,
sono convinto che quanto sto per dirvi oggi nella mia riflessione è successo anche a molti di Voi.  Quante volte abbiamo, senza mai pensare alla ricompensa, dato spontaneamente il nostro lavoro, la nostra esperienza e la nostra disponibilità, venendone poi addirittura non solo ringraziati ma anche messi brutalmente da parte? Credo che in pochi possano dire che a loro non è mai successo. 
Un fatto recente, di cui sono venuto a conoscenza, mi ha fatto ricordare un’antica favola, quella dell’asino caduto nel pozzo, che ben conferma quanto l’uomo sia diventato insensibile, talmente refrattario alla riconoscenza, da fara addirittura ribrezzo. Sintetizzo i fatti. Un diligente operaio che per molti anni era stato fra i migliori di un’azienda, viene colpito da una malattia a lungo decorso. Trascorso inutilmente il periodo stabilito per legge di mantenimento del  posto di lavoro, senza por tempo in mezzo, ha ricevuto la bella lettera di licenziamento, senza possibilità alcuna di soluzione amichevole, necessaria per il mantenimento della sua famiglia. Eppure, credo, le possibilità ci fossero, solo con un po’ di altruismo e di buon senso, di cui purtroppo, ormai, pare non ci sia più traccia. Ora quest’uomo, con grande dignità, si offre per svolgere piccoli lavori saltuari (quelli che la poca salute rimasta gli consentono), in silenzio, senza clamore, senza gridare contro nessuno.
Questo caso, mi ha fatto tornare alla mente, come ho detto prima, la favola dell’asino caduto nel pozzo. Eccola, per chi non la conosce.
Un giorno l’asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto un gran male, ma non poteva più uscirne. L’asino ragliò per ore, mentre il proprietario, infastidito, pensava al da farsi. Finalmente, il contadino prese una decisione crudele: l’asino era ormai molto vecchio e non serviva più a nulla, il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo. Non valeva la pena sforzarsi per tirare fuori l’animale dal pozzo. Al contrario, chiamò i suoi vicini, perché lo aiutassero a togliere di mezzo l’ingombrante vecchio asino e seppellirlo vivo dentro il pozzo. Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttarvi dentro palate di terra che cadevano addosso all’asino.
L’animale non tardò a rendersi conto di quello che stava accadendo fuori dal pozzo: capì di essere perduto e cominciò a piangere disperatamente, rimpiangendo la sua lunga e fedele disponibilità verso il padrone, durata tutta la vita. Però non si diede per vinto. Con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l’asino, fermo e quieto sul fondo, preparava la sua vendetta. Il contadino, dopo un po’, guardò verso il fondo del pozzo e rimase molto sorpreso da quello che vide. 
Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l’asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci di volta in volta sopra. In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l’asino piano piano era riuscito ad arrivare fino all’imboccatura del pozzo. Poco dopo, appena l’animale si rese conto che poteva uscirne, con un balzo saltò fuori e trottando, emettendo un grosso raglio,  si allontanò.
Cari amici, la storiella ci insegna che nella vita non dobbiamo mai darci per vinti: mai confidare troppo in quelli a cui diamo il nostro cuore, il nostro lavoro e la nostra disponibilità: anzi, spesso, saranno loro i primi a  buttarci addosso molta terra (leggi tanta irriconoscenza), soprattutto se dovessimo trovarci chiusi dentro un pozzo (leggi essere in seria difficoltà). 
Il segreto per “uscire dal pozzo” è quello di attivare al massimo le nostre risorse (scuotendoci con forza di dosso “la terra” che avremo ricevuto e salendoci sopra) e, con determinazione, guardare avanti stringendo i denti, senza mai arrenderci.
Ho sempre pensato che la bontà non ha mai albergato nell’uomo: se così fosse stato, il mondo sarebbe diventato molto diverso da quello attuale che quotidianamente viviamo. La filosofia dell’uomo non è l’amore ma il suo contrario, l’odio: non è l’altruismo a dominare le azioni umane ma l’egoismo, spesso portato ai massimi livelli.
Prima di chiudere, vi passo un mio dubbio: chissà, se alla fine l’asino della favola è riuscito a vivere serenamente i suoi ultimi anni, dopo i tanti trascorsi a servire fedelmente il suo padrone!
Ciao, a domani.
Mario

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