sabato, novembre 29, 2014

LUOGHI COMUNI: L’OZIO È IL PADRE DEI VIZI O DELLA CREATIVITÀ?



Oristano 29 Novembre 2014
Cari amici,

fin da piccoli, per smorzare la nostra voglia di sfuggire agli impegni, soprattutto scolastici, ci è stato detto e ripetuto che l’ozio era il padre dei vizi. L’equazione ozio uguale vizio è talmente diffusa che qualsiasi ipotesi contraria sembra solo campata in aria. Se apriamo un dizionario della lingua italiana (il Garzanti, ad esempio) alla voce Ozio troviamo: [ò-zio] n.m. m, pl. –zi. 1. il non far nulla per abitudine, per pigrizia o anche per malattia o altri impedimenti: stare in ozio dalla mattina alla sera; poltrire, vivere nell’ozio; un ozio forzato |tener in ozio la penna, (fig., lett.) non scrivere | (prov.) l’ozio è il padre dei vizi. 2. riposo dalle occupazioni ordinarie, tempo libero; vita comoda e agiata: un bel libro da leggere nei momenti di ozio. Etimologia: ← dal lat. otĭu(m). Eppure, a ben pensare, l’equazione non è proprio così corretta.
Quella che abbiamo letto prima è la visione sull’ozio che normalmente viene condivisa nella nostra società e che viene esemplificata magistralmente dalla definizione che ne da il dizionario della lingua italiana. Quante volte abbiamo sentito dire che “l’ozio è il padre dei vizi”?  O che “non bisogna rimandare a domani ciò che si può fare oggi”? O ancora che “il tempo è denaro”? Tutte definizioni che avallano il vizio, non certo la virtù dell’ozio. 
Eppure il luogo comune va sicuramente modificato. Insomma, esaminando l'ozio ai nostri giorni, pensiamo che possa essere considerato realmente il padre dei vizi o qualcos’altro? A prescindere dall’ozio realmente vizio, esistono, circa l’ozio operativo, due scuole di pensiero: quella detta dell'Ozio affaticato e quella dell'Ozio benefico. Mentre la prima asserisce che l'ozio può essere una forma di attività, dato che si può oziare leggendo o praticando uno sport, l'altra proclama vero ozio quello in cui si lascia la mente al riposo e non si attua alcun tipo di attività.
Insomma, nella gran parte dei casi, l’ozio può essere una grande fonte produttiva. Facciamo un esempio. Si avvicinano le vacanze di Natale e la prima cosa che pensiamo è: dopo le fatiche lavorative degli ultimi mesi e quelle dei preparativi, il riposo è sacrosanto! Questo però non ci deve impedire di ‘far fruttare‘ anche questi momenti. Si può essere produttivi ed efficienti anche quando non siamo iper concentrati sul nostro lavoro! Vi faccio un semplice esempio. Un mio collega che stimo molto, esperto web marketer, passa ore e ore a ‘cazzeggiare’ sui siti di informazione, leggendo riviste o su Youtube. Eppure, quando c’è da prendere decisioni, da scegliere le idee migliori da sviluppare, Lui è sempre quello più creativo, più aggiornato. Vi sembrerà una esagerazione, ma invece non lo è.
Quando si è troppo concentrati sulla propria attività si rischia di diventare ciechi a tutte le novità o alternative diversamente percorribili. Sono stati scritti molti saggi e teorie sulla positività dell’ozio per migliorare la produttività. Posso citarvi Russel con "Elogio dell’Ozio" oppure Domenico De Masi, con il suo "Ozio Creativo". Libri scritti per convincerci che indugiare nel relax non è sempre sintomo di svogliatezza o incapacità. L’ozio sarà anche, a volte, il padre dei vizi, ma senza dimenticare che c’è bisogno di riposo per essere più produttivi!
Secondo Hermann Hesse l’ozio è la premessa necessario per la creatività. Per Hesse l’ozio è qualcosa che appartiene soprattutto alla cultura orientale ma che anche noi occidentali possiamo recuperare nel suo significato positivo se iniziamo a considerarlo un bene da salvaguardare, una sorta di difesa dell’individuo dai meccanismi della società moderna che spingono verso l’azione e allontanano dalla contemplazione e dall’introspezione. Insomma l’ozio è quello “spazio di riflessione e fermento” che sta tra la conclusione di un’opera e l’inizio di un’altra.
L’ozio dunque non è sinonimo di pigrizia ma di contemplazione: osservazione attenta della natura e recupero di una dimensione “magica” della vita basata sull’introspezione. Un’introspezione che porta al contatto con la nostra sfera più intima, quella nella quale possiamo smettere per un po’ di indossare delle maschere e sfiorare la nostra dimensione più autentica. L’ozio ha realmente un senso: è il bisogno naturale di un “dolce far niente”, inteso non in senso negativo, ma anzi utile, in quanto indispensabile per la nostra vita interiore, per la nostra evoluzione nel passaggio dalla vita corrente, anonima e ripetitiva, a quella della nostra vita interiore, viva e unica, animata dell’introspezione.
Cari amici, tutti i “creativi” hanno sempre avuto bisogno dei loro momenti d’ozio. L’artista che crea, per portare a maturazione il lavoro già ideato e presente nella mente, ha bisogno di fermarsi per consolidare e trasferire, poi, all’esterno la sua creazione. I pittori, per far emergere dalla tavola una realtà estratta dalle visioni, i poeti, per trovare le parole giuste per descrivere le loro passioni, le loro sensazioni, i fisici, i filosofi e i matematici per metabolizzare le loro teorie. Per Hesse è lo stesso artista il primo che resta sorpreso e deluso dalle pause, apparentemente oziose, che lo tengono in angoscia. Eppure decide di obbedire alle leggi della natura e medita, in attesa della giusta ispirazione. C’è qualcosa dentro di lui che gli dice che non è ancora arrivato il momento creativo, perché manca la giusta ispirazione. E allora l’unica soluzione possibile è ancora quella di fermarsi, lasciarsi andare e attendere il momento giusto, immerso nel suo “ozio produttivo”.
Grazie, amici della Vostra sempre gradita attenzione.
Ciao, a domani.
Mario

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