venerdì, gennaio 09, 2015

L’UOMO È SEMPRE PIÙ IPERTECNOLOGICO: L’ANTROPOLOGO E SCRITTORE STEFANO BONI, NEL SUO ULTIMO LIBRO INTITOLATO “HOMO COMFORT”, ANALIZZA SIA I BENEFICI CHE GLI EFFETTI COLLATERALI.



Oristano 9 Gennaio 2015
La tecnologia, cari amici, sta cambiando profondamente le nostre abitudini quotidiane. I benefici sono tanti e pure ben evidenti, anche se, a ben pensare, non mancano le controindicazioni, ovvero quelli che potremo definire degli  “effetti collaterali” di non poco conto.
L’antropologo e scrittore, Stefano Boni nel suo ultimo libro intitolato “Homo Comfort” ha fatto un’analisi profonda del problema, arrivando a mettere in luce non solo i sicuri vantaggi ma anche le implicazioni negative che la tecnologia sempre più avanzata apporta allo status dell’uomo. Stefano Boni  è un professore nato a Roma nel 1970, docente di Antropologia culturale e Antropologia politica presso le Università di Modena e Reggio Emilia.

Nel libro “Homo Comfort” Boni sostiene che “la tecnologia è entrata prepotentemente nella nostra routine quotidiana; la comodità è diventata non solo uno stile di vita ma anche un modo di essere, che ha plasmato la cultura materiale e gli stessi modelli valutativi”.  L’uomo, secondo Lui, si sta avviando verso una “mutazione antropologica”, proiettato verso “una forma inedita di umanità: l’Homo comfort. Un’umanità che va liberandosi dalla fatica e dal dolore, ma che al contempo perde facoltà sensoriali e abilità conoscitive costruite nel corso dei secoli, diventando sempre più dipendente da una tecnologia che usa ma non conosce. Si delinea così un nuovo modo di stare-nel mondo che risulta sì comodo, ma anche funzionale al mantenimento dell’ordine stabilito”.
Cosa significa tutto questo? Che l’uomo, attraverso la tecnologia continua a dismettere il suo impegno e il suo acume, perdendo la sua capacità creativa e costruttiva. Un esempio banale può aiutare a capire. 
E’ come se paragonassimo l’uomo ad un cane-lupo inizialmente abituato a sopravvivere in foresta e poi addomesticato. Originariamente libero in foresta la sua giornata era sicuramente più faticosa e difficile: attento ai nemici, impegnato a difendersi e a procurarsi il cibo per sopravvivere, ma libero, forte e capace di amministrarsi, in possesso di un suo territorio, senza sottomissioni. Una volta addomesticato tutto per lui cambia: costretto a sorvegliare un gregge per conto del padrone, con del cibo abbondante, ma con libertà negata, legato per ore alla catena, simbolo della sua sottomissione.
La vita comoda, cari amici, piace a tutti, ma non quando c’è un prezzo troppo alto da pagare! L’accettazione senza riserve del “nuovo/tecnologico” che avanza, andrebbe analizzato prima che esso diventi imperante. L’ipertecnologia è così  prepotentemente entrata nella nostra routine quotidiana, la comodità è diventata un così comodo stile di vita, che ha reso l’uomo simile al cane in catena, etero dipendente. 
L'Homo comfort, descritto da Stefano Boni, è un uomo che ha perso molto delle sue capacità: si è vero che si è liberato dalla fatica e dal dolore, ma nel contempo ha perso non poche facoltà sensoriali e abilità conoscitive costruite nel corso dei secoli, diventando sempre più dipendente da una tecnologia che usa ma non conosce. Si pensi solo che i ragazzi oggi non sanno più contare “a memoria”, avendo accantonato anche il semplice uso delle tabelline, viziati dal factotum telefono/calcolatore.
L’Homo confort, sempre più tecnologico-dipendente, si sta riducendo a stare nel mondo in modo certamente più comodo ma anche sempre meno significativo. L’ipertecnologia è così prepotentemente entrata nella nostra routine quotidiana, attraverso il cavallo di Troia della comodità, tanto da modificare in modo incredibile il nostro stile di vita, trasformandolo, antropologicamente, in modo inedito. Stile di vita che si configura come uno status di estrema dipendenza,  che ci rende incapaci di esercitare le nostre antiche e forti capacità sociali di partecipazione attiva nel contesto sociale di appartenenza. L’Homo confort, in effetti, oggi ha una partecipazione attiva nella vita pubblica sempre meno attiva. A partire dall’impegno elettorale. Poco importa andare a votare, se poi nulla cambia: tanto qualsiasi partito, di qualsivoglia colore, non fa altro che inneggiare alla vita comoda, ovviamente sempre più ipertecnologica. Perché, dunque, esercitare un diritto di voto inutile e faticoso?

Cari amici, gli agi credo che facciano piacere a tutti, ma se per mangiare meglio ci dobbiamo mettere la catena al collo…credo proprio che non ne valga proprio la pena! “La civiltà è un illimitato moltiplicarsi di inutili necessità “, scriveva Mark Twain, l’autore delle note “Avventure di Tom Sawyer”, significando che c’è un limite anche ai bisogni. Ralph Waldo Emerson, filosofo, scrittore e saggista statunitense, rincarando la dose sosteneva che “La razza umana finirà per eccesso di civiltà”!
Ciao, a domani.
Mario


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