martedì, aprile 07, 2015

UNA STORIA DI AFFIDO FAMILIARE. UNA “RIFLESSIONE”, SUI BAMBINI PRIVI DELL’AFFETTO GENITORIALE, FATTA DALL’ASSOCIAZIONE CAF ONLUS.



Oristano 7 Aprile 2015
Cari amici,
Pasqua, appena trascorsa, è una di quelle festività che vengono vissute “in famiglia”, luogo dove lo stare insieme evidenzia la coesione, l’unione e l’affetto che lega i componenti. Il nucleo familiare è qualcosa che lega intimamente in modo duraturo, spesso per sempre. Ebbene, immaginatevi i bambini che, per i motivi più vari, si trovano a trascorrere la loro infanzia in Case Famiglia, senza quell’amore genitoriale del babbo e della mamma, linfa vitale che fa crescere più di ogni altra cosa. Pensate alla loro intima solitudine, al trascorrere dei giorni con un desiderio che non si spegne: avere quell’affetto esclusivo che a loro manca.  Per questi bambini i giorni di festa sono ancora più tristi e vuoti.
Nelle mie quotidiane scorribande su Internet sono incappato in questa storia di affido familiare che l’Associazione Caf Onlus di Roma ha voluto raccontare, che ha voluto mettere in rete “senza fronzoli”, nuda e cruda, senza aggiungere o nascondere niente. Credo che meriti di essere raccontata.
Una Storia di affido familiare.
Oggi abbiamo scelto di farlo attraverso una storia. Un racconto che nasce dalla riflessione degli educatori di Comunità e dall’esperienza degli educatori che seguono i progetti di sostegno agli affidi dell’Associazione CAF. Un racconto che parla delle emozioni e dei pensieri con cui spesso i bambini si avvicinano all’incontro con la famiglia affidataria scelta per loro. Un racconto che è la voce stessa dei bambini. Perché molto di quello che sappiamo dell’affido lo abbiamo imparato da loro: ascoltandoli, osservandoli, accompagnandoli in questa nuova e straordinaria opportunità di vita che è l’Affido. Una porta che si apre.
“Hanno trovato la famiglia affidataria - cavoli, era ora - è una vita che aspetto! Ora c’è! Non mi sembra vero. Tocca a me, finalmente tocca a me! Sono in Comunità da tre anni e ho 11 anni. Gli altri bambini qui mi dicono che, se sei grande, nessuno ti vuole. In effetti da quando sono qui ho visto andare via con la famiglia affidataria solo bambini più piccoli di me. Quanti erano? 5, forse 6? sì 6! Francesco, Antony, Sara, Jenny, Davide e Mamud.
Mi sembravano contenti, anche se qualche volta, la sera, li ho sentiti piangere con gli educatori. Mi ricordo che Sara quando arrivavano gli affidatari per venire a prenderla si chiudeva in camera, non voleva andare - chissà perché? - io le dicevo ‘dai vai, poverini sono venuti qui per tè. Quanto hanno sudato gli educatori per convincerla! Poi quando rientrava, dopo che era stata con loro, aveva una faccia così bella, non l’avevo mai vista così. Mi sa che stava bene. Chissà come saranno gli affidatari, mi ha detto l’assistente sociale che si chiamano Cristina e Giorgio.
Bè come nomi non sono male, ma loro come saranno? Me li ha descritti, ma non riesco bene ad immaginarmeli. Speriamo che non siano troppo vecchi, ma un po’ esperti sì. Se no come se la cavano con una come me? Quando voglio faccio proprio un casino pazzesco. Mi parte un fuoco dentro e esplodo. Speriamo che con loro non mi capiti, devo mettercela tutta!! Speriamo che non si arrabbino, che non urlino. Quando sento gridare mi tornano in mente un sacco di ricordi brutti. Chissà se ce la farò? Chissà se andrò bene? Ho un po’ paura che se vedono come sono veramente non mi vogliano più. Chi se ne frega! Sono come sono e se gli va bene, bene, altrimenti resto qui e basta. Che casino!
Mai una cosa che fili liscia in questa mia vita!…e la mamma? Cosa farà la mia mamma? Mi hanno detto che è d’accordo con questa cosa dell’affido. Che sa che ancora non può farcela ad occuparsi di me. Ma è poi così difficile occuparsi di me? Cosa ho che non va? Sì, sì, dice che è d’accordo ma io la conosco, piangerà. Sono sicura che piangerà. Sto così male quando la vedo piangere. A volte mi sembra quasi di odiarla quando piange. Vorrei dirle “Non piangere! Vedrai che ce la faremo. Ti vorrò sempre bene”. Ma a volte sono così arrabbiata con lei - che fatica!
La capiranno gli affidatari tutta questa storia incasinata?? Maria, la mia educatrice preferita, dice di sì. Dice che ci vorrà tempo per conoscersi, che potranno anche esserci delle difficoltà, ma che le difficoltà si affrontano e si possono superare. Ognuno deve fare la sua parte. Forse è vero. Come vorrei che fosse vero. Dice che ha conosciuto Cristina e Giorgio e che sono simpatici. Hanno un gatto. Io adoro i gatti. E Cristina ama cucinare, anche le lasagne. Io adoro le lasagne! Maria dice che la mamma ha già conosciuto Cristina e Giorgio. Era emozionata, ma non ha pianto. È andata bene, meno male! Mi mancherà Maria. Mi piace parlare con lei, ha un tono di voce calmo che mi rilassa e sorride.
“Allora domani è il gran giorno! È un altro passo - dice Maria” ... e che passo dico io! Una porta che si apre finalmente. Per me! Nello scrivere questo breve racconto abbiamo pensato ai molti bambini che in tanti anni di attività abbiamo accompagnato a vivere l’emozionante, impegnativa e decisiva esperienza di essere accolti in una famiglia affidataria, ma anche ai molti altri che ancora attendono speranzosi dietro a quella porta.
Gli educatori dell’Associazione CAF.

Cari amici, non ho parole per commentare il breve racconto degli educatori che hanno voluto mettere in rete queste riflessioni maturate in anni di esperienza. Personalmente sono un genitore che ha adottato, trent’anni fa circa, un bambino di 2 anni che oggi ne ha più di 30. È stata un’esperienza meravigliosa, che ho già avuto modo di raccontare…
Ciao, amici e grazie della Vostra sempre gradita attenzione!
Mario

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