domenica, agosto 16, 2015

GLI ETERNI MALI DEL NOSTRO MERIDIONE: UNA SAGGIA RIFLESSIONE DI GIUSEPPE TURANI SUI MOTIVI DELLA MANCATA INTEGRAZIONE CON IL RESTO DELL’ITALIA.



Oristano 16 Agosto 2015
Cari amici,
proprio pochi giorni fa, esattamente l’11 di Agosto, una mia riflessione sui mali che affliggono il nostro Sud cercava di dire, anzi direi che suggeriva, in particolare ai giovani, di “tornare a scuola”, per potersi allineare a quelli del resto d’Italia. Un’analisi certamente parziale la mia, ma che metteva, comunque, il dito nella piaga. Qualche giorno dopo, nelle mie quotidiane scorribande su Internet, sono incappato in una delle frequenti riflessioni di Giuseppe Turani: una lucida analisi sull’argomento, che portava per titolo “Ecco perché al Sud non cambierà mai niente”.
Giuseppe Turani (Voghera, 29 aprile 1941) è un valido giornalista italiano, laureato in Economia alla facoltà di Economia e Commercio dell'Università «Bocconi» di Milano, cresciuto professionalmente alla Repubblica. La sua riflessione sul Sud dove “non cambia mai nulla”, è successiva alla pubblicazione dell’ultimo rapporto Svimez, che ha messo in evidenza un declino del nostro Meridione ormai inarrestabile. Analisi impietosa, quella dello Svimez, che, almeno sulla carta, ha agitato non poco anche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Con la Sua indiscutibile sagacia Turani nella sua riflessione sostiene, senza tentennamenti, “che non accadrà assolutamente niente e che il declino del Sud proseguirà”. Egli afferma con convinzione che nulla cambierà per almeno tre ragioni. Eccole in dettaglio.
La prima è che in questo momento non si riesce a far decollare l’Italia per ragioni molto diverse (non ci sono i soldi, le corporazioni bloccano tutto, in un quadro politico molto instabile e caotico). L’idea, allora, che si riesca, con gli stessi soggetti politici e con le stesse risorse (inesistenti) a far decollare una parte dell’Italia dove manca quasi tutto, è assolutamente non credibile. In questi mesi si sono mosse un po’ (poco) solo alcune regioni del Nord perché avevano le aziende, discrete infrastrutture e buoni rapporti internazionali con altri mercati. Tutto il resto è rimasto fermo.
La seconda è che la politica nazionale, ormai, non si occupa più del Sud. E quindi, in quanto a idee, siamo a zero. Non esiste un piano, non esiste una gerarchia di interventi, non esiste niente. Alla fine, per far vedere che comunque qualcosa si fa, si troveranno un po’ di soldi per aggiustare una strada, sistemare un ponte, aggiustare il tetto di una scuola, arginare una frana. Tute cose utili, per carità, ma dalle quali non può certo emergere una nuova stagione per il Sud. Il Sud, in realtà, è da decenni  abbandonato alla  buona sorte e alla pietà degli Dei. Nessuno ha una visione, nessuno ha un progetto di medio periodo. Forse poteva diventare la patria dell’Italia 2.0, ma con collegamenti Internet e telefonici quasi inesistenti, come si fa?

Una volta si era pensato che il Sud potesse diventare la grande fabbrica italiana (e si sono distribuiti grandi incentivi): c’erano molte aree disponibili e molta mano d’opera (come oggi, peraltro). Ma ormai non c’è quasi più bisogno di una “fabbrica Italia”: chiudono anche quelle del Nord. E allora? Niente. Si mandano un po’ di soldi, si fanno un po’ di lavori pubblici e ci si mette il cuore in pace. Un’idea poteva essere quella di trasferire forzatamente al Sud molte delle funzioni amministrative dello Stato (la famosa capitale diffusa, centri di calcoli e altro). Se il back office di alcune compagnie aeree sta in India, perché un pezzo di Stato non può stare a Palermo o a Catania? Certo, tutte cose possibili. Solo che per arrivarci bisognerebbe avere un’idea precisa di che cosa deve essere lo Stato nell’Italia 2.0. Ma non si sa, E quindi non si può “ragionare” sul Sud.

La terza e ultima ragione per cui sono pessimista è che in realtà nemmeno il Sud sa che cosa vuole. La sua classe politica (tranne qualche eccezione) è persino peggio di quella nazionale. Non ha idee, se non quella di farsi mandare più soldi da Roma. Soldi da spendere, in genere in interventi clientelari o di parata (il bel ponte, il cavalcavia, il concerto in piazza, etc). La verità è che, appunto, nemmeno al Sud sanno che cosa vogliono e potrebbero diventare. Tirano  avanti alla giornata. A volte si ha persino l’impressione che l’unica vera forza amministrativa del Sud siano le varie mafie.


Cari amici, la mia riflessione personale la conoscete già: ora leggete con attenzione anche quella del grande giornalista Giuseppe Turani, credo che non si differenzino di molto! L’Italia se vuole davvero “cambiare verso” potrà farlo solo mettendo finalmente insieme, in modo paritario, Nord e Sud, altrimenti sarà la fine. Altrimenti, a cosa sarebbe servito fare l’unità d’Italia?

Grazie, amici che mi leggete, a domani.
Mario



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