giovedì, settembre 24, 2015

COME CAMBIA IL PIANETA GIOVANI: IERI IL GRANDE SOGNO PER SENTIRSI LIBERI ERA PRENDERE LA PATENTE A 18 ANNI, OGGI INVECE QUELLO DI POSSEDERE L’ULTIMO RITROVATO PER STARE COLLEGATI SUI SOCIAL NETWORK!



Oristano 24 Settembre 2015
Cari amici,
Che il mondo sia in continua evoluzione lo dice la storia, lo confermano i mezzi d’informazione, lo ribadiscono i sociologi e gli antropologi. Il “Pianeta Giovani”, poi, è particolarmente sensibile alla novità, al cambiamento, tanto che questo viene spesso cercato anche in modo forte, senza compromessi. La mia riflessione di oggi è proprio su questo argomento: perché i giovani, che fino a ieri smaniavano per avere subito la patente al compimento del 18 anni, oggi hanno invece sogni giovanili molto diversi? Il grande sogno non è più quello libertario di guidare l’auto, ma quello di entrare in possesso dell’ultimo ritrovato tecnologico per stare ininterrottamente collegati sui social network! Questo è il nuovo sogno di libertà dei giovani di oggi!
Come, direte Voi, i giovani non hanno più dentro di loro il grande desiderio di emanciparsi attraverso l’autonomia del guidare (magari anche l’auto del padre o della madre), simbolo di libertà e di indipendenza e quindi di autonomia, sogno che fa immaginare loro di potersi finalmente distaccare dal cordone ombelicale dei genitori? E’ proprio così, cari amici, il sogno del distacco è rimasto ma è cambiato, invece, il mezzo per conseguirlo. Il loro bisogno di emancipazione, di indipendenza, ha preso altre strade, altre vie, che non passano necessariamente per quella del conseguimento della patente di guida.
E’ questo un dato di fatto, una realtà evidenziata dalle statistiche: il valore simbolico della patente a 18 anni oggi non interessa più, non serve a dimostrare di essere usciti dall’adolescenza per entrare nella maturità. I tempi cambiano, nulla è immutabile! I giovani della mia generazione, quelli della prima metà del secolo scorso (io sono uno di quelli), erano diversi ‘anni luce ‘da quelli di oggi; negli ultimi due anni di frequentazione delle scuole superiori, tra i 17 e i 18 anni, il conseguimento della patente era uno degli argomenti principe delle nostre conversazioni giovanili, che avvenivano nei cortili della scuola o in piazza. Oggi, come tutti noi ben sappiamo, sono ben altri gli argomenti importanti oggetto di discussione: non più ricerca d'indipendenza mediante la guida dell’auto, ma attraverso l'utilizzo degli odierni strumenti della comunicazione di massa, computer, tablet e smartphone, nuovi simboli di libertà e di indipendenza giovanile.
E’ il contesto sociale che è cambiato non poco. Noi, figli della guerra, nati e vaganti in un’Italia piena di macerie, dove tutto era da ricostruire, ci muovevamo nel desiderio del raggiungimento di miti oggi obsoleti: la rombante motocicletta, i film americani, i jeans, le camicie a fiori e la musica rock d’importazione, che riuscivamo a conciliare con le nostre canzoni che rimavano cuore con amore. I ragazzi di oggi, figli e nipoti di quei “giovani” della mia generazione, hanno ben altri traguardi da raggiungere: passato il bisogno/desiderio dell’auto come mezzo di evasione, ora a farla da padrone sono i nuovi strumenti della comunicazione: computer di ultima generazione, tablet alla moda, da portare sempre appresso come un’appendice del nostro corpo, e, ovviamente, l’ultimo modello di smartphone.  Al posto del sogno della mitica auto anni ’60 (incarnata dalla Seicento), ora è più glamour una bicicletta leggera (in titanio), un mezzo considerato prezioso in città contro l’inquinamento.
Il fenomeno di cui parlo non è limitato alla nostra Nazione, ma coinvolge ormai tutto il mondo globalizzato: risulta un fenomeno a caratura internazionale. Le statistiche, sempre impietose, evidenziano in modo asettico il fenomeno. In Italia nel 2012, rispetto al ‘92, le patenti B sono crollate del 39%, quelle A del cinquanta. L’anno scorso hanno preso la licenza di guida 654.335 under 21: dieci anni fa erano 743.799. Anche negli USA i dati sono convergenti: qualche anno fa il New York Times scrisse che anche nella Grande Mela solo la metà dei diciannovenni chiedeva di conseguire la patente, mentre in precedenza, negli anni ’90, la percentuale era di due terzi. Nel resto dell’Europa (Londra, Berlino, Barcellona), o a Tokyo come a Montréal, la tendenza è la stessa.
L’antropologo Marco Aime, docente di Antropologia culturale all’Università di Genova, sostiene che «L’automobile oggi è solo uno strumento per muoversi, ma per dove? La Rete occupa la maggior parte del tempo dei giovani, il social network sostituisce l’andare al bar o in piazza». Ecco perché, allora, essere padroni delle nuove tecnologie diventa qualcosa di “più personale” e liberatorio di un’auto. «Ai miei due figli, 22 e 28 anni, una macchina non interessa: prendono quella del padre o del car sharing», spiega Alberto Marinelli, sociologo dei nuovi media.
Cari amici, il mondo cambia in continuazione, lo dicono i proverbi e la storia, e noi, se vogliamo stare al passo coi tempi, non possiamo fare altro che seguirne il mutamento. Il grande sociologo Marshall McLuhan, autore di studi innovativi sugli strumenti della comunicazione, sosteneva che «in un mondo analogico la vettura era legata alla possibilità di spostarsi nello spazio e nel tempo ed era sinonimo di libertà. Oggi questa funzione è riposta nelle tecnologie: smartphone, tablet o computer non mi chiudono in me stesso, al contrario mi aprono allo scambio di esperienze. Mi introducono in un mondo che attraverso loro posso esplorare».

Pur con rimpianto, concordo con la necessità del cambiamento, e, per chiudere questa riflessione con Voi, voglio usare una frase tanto abusata (e che tra l’altro mi piace poco) ma che risulta, però, efficace: “Cambiare è un po' anche morire”. A volte il cambiamento, in particolare se è fatto in modo troppo drastico, non solo crea ansia e preoccupazione nelle generazioni precedenti, ma spesso fa anche pensare che non tutto, a ben guardare, risulta "positiva evoluzione". Però cambiare è una necessità, per cui il mio consiglio è di non fermarvi: andate avanti, anche se avete paura!

Grazie, amici miei, a domani.

Mario





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