domenica, settembre 06, 2015

RISO, ARSENICO E…VECCHI SISTEMI DI COLTIVAZIONE. UN’IDEA INNOVATIVA, MATURATA IN SARDEGNA, POTREBBE ESSERE L’UOVO DI COLOMBO PER 'CAMBIARE VERSO' AD UNA TECNICA MILLENARIA.



Oristano 6 Settembre 2015
Cari amici,
il riso è sicuramente uno dei cibi più consumati al mondo: si calcola che circa 3 miliardi di persone se ne cibino tutti i giorni. All’Expo 2015, la grande vetrina internazionale  che con il suo moto Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita ha calamitato a Milano milioni di persone, il riso è sicuramente uno dei grandi protagonisti. Eppure, cosa che molti non sanno, il riso ha un grande nemico, subdolo e insidioso: l’arsenico. Considerato il sistema “particolare” di coltivazione (contrariamente a molte altre piante il riso non viene innaffiato ma praticamente viene allagata la superficie dove viene seminato), il riso assorbe, stando a bagno, l’arsenico presente nell’acqua e nel terreno, indipendentemente dal tipo di coltura pratica, sia convenzionale che biologica.
L’arsenico, questo micidiale veleno, presente in maggiore quantità nel riso integrale più che in quello bianco, dove il chicco viene privato dello strato esterno dove l’arsenico inorganico tende ad accumularsi, è un temibile nemico per la nostra salute, perché provoca tumori del polmone, della pelle, della vescica e del fegato, causando addirittura, qualora intacchi la placenta, danni fetali. Anche nel riso italiano le analisi hanno rivelato un tasso di arsenico inorganico pari a 4,2%, tanto da allarmare l’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori (ADUC), che ha, con preoccupazione, informato il Ministero della Salute.
ll Ministro della Salute Lorenzin lo scorso 20 Luglio ha comunicato che la Commissione Europea, con il Regolamento (UE) 2015/1006 del 25 Giugno, ha deciso di introdurre nuovi limiti massimi di arsenico inorganico nel riso e nei prodotti di riso, tenori che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2016. Sarà il Ministero, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ad attivare le “Autorità Territoriali competenti per i controlli ufficiali degli alimenti”, in modo che possa “essere efficacemente verificato”, a partire dal 2016, “il rispetto dei nuovi tenori massimi sul territorio ed all’importazione”. Dal 2016, in base alle nuove Disposizioni Comunitarie, la quantità di arsenico inorganico ammessa nel riso lavorato non parboiled (riso brillato o bianco) dovrà essere di 0,20 mg, mentre sarà di 0,25 mg nel riso parboiled e in quello semigreggio, di 0,30 mg nelle cialde di riso, cracker di riso e dolci di riso e di 0,10 mg nel riso destinato alla produzione di alimenti per i lattanti e i bambini.
Stante questa situazione pericolosa per la salute dei consumatori, ci si chiede con preoccupazione come ci dobbiamo comportare col riso che stiamo mangiando oggi. L’argomento è di grande attualità, tanto che il 4 e il 5 giugno 2015 a Roma, l’Istituto Superiore della Sanità ha organizzato, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Epidemiologia, il primo convegno nazionale dedicato all’impatto dell’arsenico sulle catene alimentari e la salute umana. I più esposti all’arsenico inorganico attraverso l’alimentazione sono alcuni gruppi etnici – grandi consumatori di riso – e i bambini di età inferiore a tre anni. Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha stabilito che la dose settimanale tollerabile è pari a 15 mg/kg di peso corporeo.
Giunti a questo punto gli esperti si chiedono se esista una soluzione per riuscire a produrre riso contenente dosi di arsenico molto più modeste, possibilmente inferiori a quelle ormai già stabilite per il prossimo anno dalla Comunità Europea. Una bella notizia viene da gruppo di ricercatori sardi, che ha messo a punto un metodo innovativo per contenere l'inquinamento da arsenico nel riso. Lo studio è già stato pubblicato sulla maggiore rivista specialistica di settore, "Enviromental Science & Tecnology", della Società americana di chimica. La scoperta si basa su una semplice operazione: sostituire le vecchie tecniche di coltivazione, che prevedono l’allagamento del terreno seminato a riso, con un innovativo sistema di “irrigazione-innaffiamento”.
«In questo modo – assicurano gli studiosi – si ottiene la stessa quantità di prodotto e si riduce quasi a zero la possibilità di contaminazioni da parte di questo silenzioso e spietato killer che ogni anno nel mondo uccide milioni di persone». L'arsenico infatti, pur molto tossico per l'organismo di uomini e animali, è diffusissimo nei suoli e nell’acqua, tanto da rappresentare il ventesimo elemento più abbondante sulla crosta terrestre. In vaste regioni dell’Asia questo killer è all'origine di non poche malattie spesso mortali, soprattutto nei bambini, in particolare nel delta del Bengala, nell'India e nel Bangladesh.
Se, come sembra, lo studio di fattibilità messo a punto dai ricercatori sardi andrà a buon fine, è facile immaginare le conseguenze positive che deriverebbero da un'applicazione su larga scala dell'idea-scoperta fatta nell'isola. Gli autori della ricerca, che lavorano per l'Università di Sassari, hanno già effettuato diversi test, in particolare su campi sperimentali proprio dell'Oristanese. In queste settimane, l'esito degli straordinari risultati dell'ultimo lavoro, effettuato su una vasta estensione di terreno vicino al Tirso, ha portato una ventata d'ottimismo negli ambienti accademici sardi.
«L'idea di fondo non è complicata – chiarisce Tonino Spanu, docente alla Facoltà di Agraria e coordinatore dell'indagine scientifica – Le tecniche tradizionali, per via della sommersione continua, comportano dispendio di risorse idriche, alle latitudini italiane da 13mila a 20mila metri cubi per ettaro, ed espongono a pericoli perché il riso ha un'eccezionale capacità di assorbire arsenico. Con il nostro metodo, che forse all'inizio potrà venire visto come eretico negli gli ambienti ortodossi della produzione, si possono raggiungere ottimi effetti. Il consumo d'acqua sarà dimezzato, la quantità di raccolto identica, i veleni quasi del tutto eliminati».
Sembra l’uovo di Colombo! Inoltre il nuovo sistema di inaffiamento può essere praticato anche in terreni non proprio in piano, aumentando di conseguenza la superficie coltivabile. Seguendo il solco tracciato dagli studiosi sardi, pensate che nel caso dell'agricoltura biologica e del divieto di usare fitofarmaci, si otterrebbe un risultato più ecocompatibile, che passa attraverso la contrazione nei consumi anche di carburante, grazie a macchine non più specifiche per risaie; a questo si aggiunge il risparmio d'acqua e la riduzione dei diserbanti, anche se l'aspetto più importante da attribuire alla nuova ricerca rimane l'abbattimento delle tracce d'arsenico. Le analisi, effettuate sui primi raccolti sperimentali, una volta analizzati tutti i campioni per stabilire il contenuto d'arsenico (operazione effettuata nello stabilimento della Polimeri Europa di Porto Torres), hanno dato risultati strabilianti: il riso innaffiato con la nuova tecnica conteneva in media il 98% in meno di arsenico, rispetto alla stessa varietà ottenuta col sistema della sommersione, come ha orgogliosamente confermato il Professor Tonino Spanu.
«Insomma, il pericolo di patologie legate all'arsenicosi non abita in Sardegna: soprattutto con i nostri criteri di coltivazione», dicono con soddisfazione i ricercatori. Gli orizzonti che si aprono appaiono così suggestivi e di estremo interesse, in particolare per la tutela della salute dei consumatori, che l'Ente pubblico dovrebbe agevolare al massimo l'applicazione del nuovo sistema! Cari amici, questa scoperta è un grande motivo d’orgoglio per la nostra Isola, che già vantava il primato del miglior riso italiano; la Sardegna, oltre che una terra eccellente dal punto di vista del suo suolo lo è anche per le “eccellenze” che vanta dal punto di vista culturale e dell'innovazione! Siamo noi sardi, che da secoli sappiamo valorizzarla ben poco. Credo che ora l’Amministrazione Regionale, con in prima linea l’Assessore all’Agricoltura Elisabetta Falchi (che di riso se ne intende proprio…), possa e debba creare le migliori condizioni possibili,  per far in modo di privilegiare questo nuovo sistema di coltura del riso.
Ciao, amici, a domani.
Mario

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