mercoledì, dicembre 02, 2015

CONFERENZA DI PARIGI SUL CLIMA: COP21 È FORSE L’ULTIMA OCCASIONE PER SALVARE IL PIANETA.



Oristano 2 Dicembre 2015
Cari amici,
Si è aperta il 30 Novembre a Parigi la 21^ Conferenza sul clima. La COP21, acronimo di Conference Of the Parties 21, svoltasi in un clima blindatissimo per le note vicende che poco tempo fa hanno sconvolto Parigi e tutta la Francia, oltre il resto del mondo, sta affrontando problemi di grande spessore che, anche se da molti sottovalutati, possono portare il mondo verso l’estinzione. La posta in gioco è altissima: se tutti noi non cambiamo registro da qui alla fine del secolo la temperatura del globo potrebbe aumentare sino a 5-6 gradi, con la conseguenza che il livello delle acque e degli oceani si alzerebbe anche di 1 metro. Il risultato sarebbe apocalittico: inondazioni, siccità, abbassamento delle produzioni agricole.
Altro fatto, assolutamente da non trascurare, è che l’innalzamento delle acque sommergerebbe gli attuali litorali, abitati da almeno 400 milioni di essere umani che si troverebbero costretti a migrare, cercando fortuna in zone interne più alte e sicure dei propri territori. 
Peccato che questo importantissimo appuntamento sia passato un po’ in secondo piano a causa dei tragici avvenimenti di Parigi di qualche settimana fa, che hanno di fatto oscurato l’avvenimento. Giornali e tv ne hanno potuto parlare poco, e comunque non a sufficienza, vista l’importanza che la conferenza riveste a livello mondiale.
Centocinquanta Leader si sono dati appuntamento nella capitale francese per questa Conferenza indetta dalle Nazioni Unite. Nella ponderosa agenda tra gli impegni più urgenti quello di siglare un accordo proprio sui limiti del riscaldamento climatico, da portare assolutamente entro il massimo di 2 gradi. Qualcuno definisce quest’incontro “l'ultima chiamata per salvare il pianeta”! Certamente quella richiesta è una sfida colossale, necessaria però per evitare una catastrofe ambientale irreversibile. Ambiente contro sviluppo, questa la sfida che, per quanto dolorosa dovrà essere affrontata e vinta. Sin dai primi interventi della giornata di apertura si sono delineate due posizioni contrastanti: Paesi ricchi da una parte e Paesi poveri dall’altra, divergenti concettualmente in tante cose, certamente difficili da conciliare.
Da un lato i Paesi ricchi dell’Occidente industrializzato, che oggi cercano di fare “il mea culpa” pentendosi per aver inquinato troppo finora e per questo disponibili a rimediare, nella speranza di spingere gli altri a siglare un accordo preciso e vincolante. Dall’altro i Paesi in via di sviluppo, i cosiddetti 'giganti emergenti' come India e Cina, che frenano invece con forza, rivendicando il diritto di svilupparsi continuando ad utilizzare i combustibili fossili come il carbone, ancora necessari per la loro crescita economica. Il problema, in effetti, sta tutto qui: non si può pensare che “chi ha dato ha dato, e chi ha avuto ha avuto”! 
Eppure, pur in presenza di enormi difficoltà, una soluzione dovrà essere trovata.
Il Presidente francese François Hollande il giorno dell’apertura ha detto: "La posta in gioco non è mai stata così alta". Sulla stessa lunghezza d’onda il Ministro degli Esteri francese e Presidente della Conferenza, Laurent Fabius, che in apertura dei lavori ha detto: "Abbiamo un obbligo di successo" e "la posta in gioco è troppo importante per potersi accontentare di un accordo al ribasso". "L'accordo per limitare il surriscaldamento globale non è scontato ma è alla nostra portata", ha sottolineato, promettendo che la presidenza francese "veglierà affinché tutti i punti di vista siano tenuti in considerazione".
“È una sfida che non dobbiamo perdere perché si tratta di un miliardo di essere umani che ci guarda", ha proseguito il titolare dell'Eliseo, “il surriscaldamento del clima crea conflitti, crea più migrazioni delle guerre; dobbiamo intervenire in nome della giustizia climatica”. 
Il mondo, in effetti, non ha mai affrontato una sfida così grande, come quella sul futuro del pianeta, della sopravvivenza dell’uomo sulla terra. Il problema è serio e reale, da soppesare con grande attenzione, ma che si scontra con pesanti problematiche sia di natura etica che di natura economica.
Vedete, cari amici, non si può ignorare il passato! Cosa intendo dire con questo? Cerco di precisarlo subito. Con la grande industrializzazione iniziata ai primi del 1.900 le attuali grandi potenze industriali hanno creato una trasformazione epocale del mondo, bruciando una immensità di energia fossile e creando i livelli dell’attuale inquinamento, arricchendosi e diventando “grandi”. Gli altri Paesi, i così detti poveri, invece, hanno continuato a lungo a condurre la loro vita normale, fatta di semplicità, senza sfarzi e senza sprechi. Se ora questi Paesi vogliono crearsi una vita diversa, mettendo in atto quella industrializzazione che gli altri hanno già fatto a tempo e luogo, perché dovrebbero esserne impediti a farlo? C’è forse qualcuno che è disposto a pagare il prezzo per il danno arrecato al pianeta e, indirettamente, anche a loro? Io penso che la risposta non sia facile da dare!
E’ facile, quando si possiede il benessere dire a chi non ce l’ha che non può crearselo, altrimenti mette a rischio proprio il “benessere” degli altri! Per questo motivo credo che a quel tavolo che oggi è tanto “caldo”, dove 150 capi di Stato e di Governo dialogano con calore, sul piatto debba essere messo anche il problema della “compensazione” per chi oggi vorrebbe e non ha, per il semplice fatto che qualcuno, prima, ha fatto la parte del leone!
Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha definito la conferenza sul clima "un'occasione politica unica che potrebbe non tornare". Rivolgendosi alla platea dei capi di stato ha avvertito: "Il futuro del mondo è nelle vostre mani, non sono consentite indecisioni. Voi avete il potere di assicurare il benessere di questa e della prossima generazione", trovando un accordo per arginare entro i due gradi l'aumento delle temperature del pianeta causato dalle emissioni inquinanti. 
Cari amici, per farlo i leader del mondo dovranno in tutti i modi cercare di trovare "il compromesso” che accontenti anche chi ancora si deve sviluppare, ottenendone in cambio il consenso e, se è necessario, anche la giusta flessibilità. Certo l’accordo non sarà facile da raggiungere, ma come dice un saggio proverbio a volte è necessario "fare di necessità virtù". Quello che si spera è che il rischio di perdere tutto faccia rinsavire tutti: soprattutto quelli che hanno già avuto e che non possono ignorare chi oggi ha bisogno di quello che loro già anno!
A domani.
Mario

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