mercoledì, gennaio 20, 2016

IL GENIO…DELLA LAMPADA A INCANDESCENZA: UN VITTORIOSO RITORNO DAL PASSATO. LA LUNGA STORIA DELLA VECCHIA LAMPADINA.



Oristano 20 Gennaio 2016
Cari amici,
oltre me, credo che tanti altri dopo aver letto la notizia dell’incredibile ritorno in auge della lampadina a incandescenza, abbiano pensato che il passato, magari con qualche piccolo ritocco, spesso ritorna! Chi ha la mia età ricorda con quanta preoccupazione apprendemmo nel 2009 della messa al bando delle vecchie lampadine, per la graduale sostituzione con le nuove lampade a basso consumo energetico. Col passare del tempo, tuttavia, ci si abitua a tutto, e oggi certamente molti non si ricordano neppure della loro esistenza. Ora, invece, quasi come un fulmine a ciel sereno, ecco arrivare la notizia della riscoperta, in chiave moderna, di questo tipo di lampada.
Per poter meglio comprendere il valore che le lampadine hanno avuto nell'evoluzione e nella crescita della civiltà, vorrei ripercorrere la strada fatta da questo incredibile strumento, capace di illuminare le ore buie della nostre giornate. Ecco, dunque, in una ricostruzione sintetica, la "storia della lampada", partendo proprio dal suo primo inventore, lo scienziato britannico Sir Joseph Wilson Swan, che brevettò la lampada a incandescenza nel 1878. La rivoluzionaria invenzione fu testata proprio nella sua casa a Gateshead, in Gran Bretagna, che conquistò così il primato di essere la prima al mondo ad essere illuminata con le lampadine elettriche. Era solo l’inizio di una straordinaria quanto incredibile diffusione. Solo tre anni dopo, nel 1881, il teatro Savoy nella City of Westminster a Londra, fu il primo edificio pubblico ad essere illuminato con questo innovativo sistema illuminante a incandescenza.
La curiosa invenzione che prese il nome di lampadina era un bulbo di vetro, una specie di palla, con all’interno uno spesso filamento di carbonio che, riscaldandosi, emetteva luce e gas. La prima invenzione non era certo esente da difetti: l’interno del bulbo si ricopriva rapidamente di fuliggine, emessa dal filamento incandescente e in poco tempo si anneriva; inoltre, questo corpo illuminante consumava tantissima elettricità. A questo punto entra in gioco l’americano Thomas Edison, che, studiando la lampadina di Swan (era l'anno 1879), modificò e brevettò un nuovo tipo di lampadina con un filamento sottile e ad alta resistenza elettrica.
L’ammodernamento apportato, al contrario del modello di Swan, non anneriva troppo l'interno del bulbo, riuscendo a mantenere una luminosità costante. L’interscambio di conoscenze tra i due scienziati fece sì che Swan, partendo dalle modifiche di Edison, migliorò ulteriormente la lampadina e cominciò a vendere le proprie in Inghilterra.  Come normalmente accade in casi del genere, tra i due inventori nacque una disputa sulla paternità dell'invenzione, anche se la contesa fortunatamente finì qualche anno dopo con la creazione di una società, la Edison-Swan, che divenne una delle più grandi produttrici mondiali di lampadine. Nel 1910 il fisico americano William David Coolidge sostituì il filamento di carbonio con uno di tungsteno immerso in un gas, realizzando in questo modo una lampadina che durava molto di più. Questo tipo di lampada, con pochissime variazioni, è arrivata fino ai giorni nostri.
Superati i problemi prima esposti restava, tuttavia, un grosso problema da risolvere: l’alto consumo energetico rispetto alla resa in luce, che non superava il 10% dell’energia consumata. Per capire meglio il funzionamento bisogna sapere che l'innesco del processo luminoso avviene quando il filamento di tungsteno della lampadina viene attraversato dalla corrente elettrica. In questa fase un certo numero di elettroni raggiunge un livello energetico superiore al normale e il loro altalenante movimento crea delle particelle luminose chiamate fotoni, ossia la luce. Purtroppo questo processo di produzione di luce non è molto efficiente: infatti, in una lampadina a incandescenza, appena il 10 per cento dell'energia consumata si trasforma in luce visibile, mentre il restante 90 % diventa luce infrarossa (invisibile ai nostri occhi) e calore (che, invece, possiamo sentire: basta avvicinare una mano a una lampada accesa!).
Nonostante tutta un serie di modifiche apportate nel tempo, il consumo energetico di questi corpi illuminanti è rimasto sempre troppo alto, tanto che l’Unione Europea a partire dal 2009 iniziò a vietare la produzione di lampade a incandescenza, incentivando la fabbricazione di altri tipi di lampade in grado di fornire la stessa luminosità con minori consumi. Si svilupparono di conseguenza le lampade alogene (una variante di quelle a incandescenza, con maggiore efficienza e maggiore durata), le lampade fluorescenti a basso consumo e le lampade a led. Questi ultimi due tipi di lampade, a parità di luce emessa, consumano fino all'80 per cento di energia in meno. Tutto questo fino alla recente, sensazionale riscoperta della “vecchia” lampada a incandescenza che, opportunamente modificata, d’ora in poi potrebbe cambiare ancora una volta “le carte in tavola”.
A riscoprire la lampada a incandescenza che potremo definire “lampadina 2.0”, è stato un gruppo di scienziati dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT), guidato da Marin Soljac. Le nuove lampade, il cui filamento è avvolto in un guscio di cristalli fotonici, avrebbero un rendimento migliorato di 20 volte rispetto a quelle del passato e con un’efficienza migliore delle attuali versioni di lampade a LED. Questa incredibile “trasformazione” delle vecchie lampade a incandescenza è potuta avvenire grazie ad un dispositivo in grado di ‘riciclare le radiazioni infrarosse’ e il calore prodotto dall’incandescenza. Nelle 'lampadine 2.0', questo nuovo guscio, considerato che il filamento metallico (tungsteno) della lampada quando viene attraversato dall'elettricità diventa incandescente creando sia luminosità che calore e radiazioni infrarosse, riesce a 'riciclare' l'energia dispersa, 'giocando' in modo particolare sia con la luce che con le radiazioni che scaturiscono dal filamento di tungsteno.
Questa guaina-guscio avvolgente di cristalli fotonici permette alla luce di passare mentre riflette le radiazioni infrarosse rispedendole verso il filamento di tungsteno che a sua volta assorbe il calore e produce nuova luce, in un ping pong continuo. Insomma un gioco a 'flipper' di rimbalzo di radiazioni, da cui esce quasi esclusivamente luce visibile, in grado di garantire un rendimento record del 40%, contro il 13% dei Led! La scoperta, che è stata pubblicata sulla rivista Nature Nanotechnology, potrebbe rendere molto più efficienti, senza grandi costi aggiuntivi, tutte le tecnologie che producono o sfruttano luce, compresi gli impianti termo-fotovoltaici.
Cari amici, una nuova grande rinascita, dunque, per le lampade a incandescenza! Ideate 130 anni fa da Swan e Edison e rimaste sostanzialmente immutate fino alla loro messa al bando, esse stanno per tornare prepotentemente in scena. Una ulteriore dimostrazione del “mai dire mai” che dovrebbe farci rflettere, perché spesso gettiamo via delle cose (idee comprese) che, invece, in un secondo tempo potrebbero tornare di grande utilità.
Grazie amici, della Vostra sempre gradita attenzione.
Mario


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