lunedì, gennaio 18, 2016

SORGONO, CAPITALE DEL MANDROLISAI, CHE VANTA UN GIOIELLO STRAORDINARIO: IL SANTUARIO DI SAN MAURO, RICCO DI STORIA E POSIZIONATO GEOGRAFICAMENTE PROPRIO AL CENTRO DELLA SARDEGNA.



Oristano 18 Gennaio 2016
Cari amici,
mi capita spesso di affermare, anche su questo mio “diario-giornale”, che sono più le cose che non conosciamo di quelle, poche, di cui nella nostra vita siamo venuti a conoscenza. Una di queste, di cui voglio parlarvi oggi, è il bellissimo Santuario campestre di San Mauro, ubicato in territorio di Sorgono. Si, nonostante abbia di recente superato la soglia dei 70 anni, non avevo avuto prima l’occasione di visitare questa bella Chiesa campestre, che vanta un passato glorioso, storicamente valido e interessante. 
Sono venuto casualmente a conoscenza della sua esistenza perché l’Arcivescovo della Diocesi Arborense, Monsignor Sanna, nel predisporre l’apertura di alcune “Porte Sante” in questo particolare anno nel quale Papa Francesco ha istituito il “Giubileo della Misericordia”, tra le 5 “porte” da aprire ha ritenuto di includere anche questo venerato luogo di culto. Felice scelta, certamente, quella fatta dall’Arcivescovo, perché questo Santuario, oltre che manufatto di rara bellezza, è ancora un grande punto di riferimento per la Forania della Barbagia che fa capo all’Arcidiocesi di Oristano. Questo Santuario si porta appresso una lunga storia che io credo valga la pena di raccontare a chi non la conosce. Ecco, allora, voglio rendere partecipi anche Voi del frutto delle mie ricerche: la conoscenza di uno ulteriore 'spicchio' della nostra straordinaria storia sarda.
Sorgono è oggi un modesto centro abitato posto in Provincia di Nuoro, che vanta una collocazione geografica del tutto particolare: la sua posizione risulta essere proprio il punto centrale della nostra Isola! Storico capoluogo della subregione del Mandrolisai, una propaggine della più vasta Barbagia, Sorgono ha un territorio ancora abbastanza ricco di boschi e sorgenti; poco pianeggiante, presenta vari livelli di altitudine che vanno da un minimo di 345 a un massimo di 1.000 metri d’altezza sul livello del mare. Quanto al suo toponimo, gli studi fatti non hanno appurato con certezza l’origine del suo curioso nome: risulta attestato nel 1357 come “Sorgano”, termine di difficile interpretazione, che non consente di risalire ad altro, per cui si presume che possa essere di origine pre-romana.
Numerose le testimonianze del passato ancora presenti nel territorio: dai villaggi nuragici alle tombe di giganti, dai dolmen ai menhir, dalle tracce della dominazione romana agli antichi edifici sacri. Tra questi spicca, con grande evidenza, proprio il Santuario campestre di San Mauro, adagiato alle pendici del monte Lisai (parte della catena del Gennargentu), a 478 metri di altezza, distante circa 7 km dal Comune di Sorgono. La località, oltre che essere il centro geografico della Sardegna, è il vero punto di convergenza dei confinanti centri di Ortueri, Atzara e Sorgono. Questo territorio nel Medioevo fece parte della Curatoria del Mandrolisai, passando poi sotto il Giudicato d’Arborea e successivamente fu inglobato nel Marchesato di Oristano.
Circa la storia specifica del Santuario, esso è dedicato a San Mauro, grande figura di benedettino, annoverato fra i primi seguaci di San Benedetto. Mauro era di famiglia nobile (n. 512 – m. 584), apparteneva ad una famiglia senatoriale romana, e Suo padre Equizio e Sua madre Giulia, quando aveva solo dodici anni, lo presentarono a San Benedetto, luminosa figura del monachesimo, di cui presto Mauro divenne uno dei principali collaboratori. L'edificio risulta costruito proprio dai monaci Benedettini intorno al 1.120, edificato sulle rovine di una chiesa preesistente (della quale, recentemente, è stata rinvenuta e messa in risalto una parete, inglobata in una fiancata esterna dell’edificio). Successivamente, tra la fine del Quattrocento ed il Cinquecento, la costruzione venne gradatamente ampliata con tutta un serie di lavori, come è dimostrato dalla miscela di stili presenti, che variano dal tardogotico al rinascimentale, compreso il barocco.
Il visitatore attento che osserva il monumento per la prima volta, viene colpito subito dal grandioso rosone che orna la facciata: un cerchio perfetto, con dei raggi di ben 2 metri! Il rosone si apre al di sopra del portale d'ingresso con un diametro di 4,5 m: è il più grande fra i numerosi esemplari presenti in Sardegna. Tutt’intorno, accanto al Santuario, una lunga serie di “muristènes” fa da corona all'edificio; in passato questi fabbricati erano adibiti al ricovero dei novenanti (alcuni anche come deposito delle mercanzie che venivano scambiate), mentre oggi risultano utilizzati come punti di ristoro per i tanti pellegrini e turisti che visitano il Santuario.
L’antico luogo di culto risulta edificato utilizzando lo schema planimetrico catalano dell'aula unica, con la volta a botte; il presbiterio è quadrangolare, rialzato rispetto all’aula, dotato di un cornicione e chiuso da un recinto con balaustra in vulcanite. Al centro del presbiterio è posizionato un altare barocco in marmo che accoglie nella nicchia centrale una pregevole statua lignea di San Mauro. Le alte pareti dell’edificio sono incorniciate da lesene in vulcanite grigia intercalate da edicole d'altare di foggia tardo-rinascimentale. Le lesene servono a reggere i sottarchi della volta e sono evidenziate all'esterno da una sequenza di robusti contrafforti. L'ingresso principale, rialzato, è preceduto da una scalinata in pietra, affiancata da ali in muratura, alla cui sommità stanno due teste leonine che reggono gli scudi della casa d'Aragona.
I “muristènes” dislocati intorno al Santuario, oltre che luogo di ricovero e ristoro per i pellegrini, secondo alcune fonti (però storicamente incerte), ebbero in passato anche una destinazione umanitaria: furono utilizzati come lazzaretto durante la peste del 1695, accogliendo i vari appestati della zona; lo si rileva anche da un graffito sulla facciata e da un canto in lingua sarda del poeta estemporaneo Chiccu Murru, che così recita: “…Sos locales chi sunu in Santu Maru, finzas po lazzaretos fin servidos, tantos omines da peste colpidos, inie agatadu hana riparu…”.
Anche l’esistenza di un Monastero, facente parte del complesso di San Mauro, parrebbe verosimile, anche non risulta confermata con certezza da fonti storiche.  Tra le varie ipotesi sorte sulla grandiosità dell’edificio di culto e del vasto complesso abitativo che vi ruota attorno, una appare più credibile e plausibile delle altre: essa sostiene che sia stato edificato dalla popolazione a seguito della ineludibile richiesta fatta dal potente Tribunale dell’Inquisizione, quale pesante ammenda per una grave colpa commessa da un importante signore del Mandrolisai, supportato dell’intera popolazione della zona. Testimonianze e ipotesi in questo senso sono riportate dai vari nostri studiosi isolani, tra i quali il Naitza e il Sorgia, reperibili anche tra gli Archivi Nazionali di Stato in Spagna, a Barcellona.
La venerazione nei confronti del grande benedettino San Mauro, portata in Sardegna da questi monaci fin dalla fondazione della Chiesa-Monastero, è ancora oggi presente e viva: per le popolazioni della Forania della Barbagia San Mauro è un Santo taumaturgo, un punto di riferimento che coinvolge fortemente anche popolazioni barbaricine fuori giurisdizione, che dedicano al Santo solenni festeggiamenti addirittura 3 volte all’anno. Il Santuario, infatti, ancora oggi viene aperto nei seguenti periodi:
1) - a metà Gennaio per invocare Santu Maru de is dolos (per la guarigione dei dolori reumatici);
2) - il Martedì dopo la Pasqua, Santu Maru de flores (cioè per la primavera);
3) - alla fine di Maggio per l’antica celebrazione di Santu Maru erriccu (per la ricca produzione agropastorale del periodo).
Il maggior afflusso di pellegrini si ha in Maggio, mentre durante gli altri periodi la partecipazione è limitata agli abitanti del circondario. In antichità le donne della zona, prima de Santu Maru erriccu, facevano la novena andando a piedi fino alla chiesa campestre per nove giorni di seguito, e li, pregando, facevano il giro della chiesa in ginocchio. I giorni della festa duravano in tutto sei giorni: tre dedicati alla fiera dei buoi e tre a quella dei cavalli. Le persone provenivano da tutti i paesi delle vicinanze e anche da molto lontano; indossavano il costume tradizionale e spesso percorrevano chilometri e chilometri a piedi, o arrivavano dentro carri pieni di fiori e trainati da due buoi (le cosiddette traccas).
Il giorno della festa, dopo una processione intorno alla Chiesa, si entrava all’interno cantando le preghiere al Santo: i goccios, le poesie in sardo. Seguiva la predica del prete, il rosario cantato, ed infine una "preghiera personale", che ogni fedele faceva di fronte alla statua. Dopo la Messa, le persone che avevano qualche malattia (mali fisici, come ad un braccio, a una gamba o alla testa), appoggiavano la propria parte malata ad una corrispondente (finta), fatta di legno o formaggio fresco, e pregando, ne chiedevano la guarigione al Santo; altri invece acquistavano una fettuccina benedetta da portare poi al polso. Seguiva il pranzo, portato da casa o, spesso, arrostito sul posto. Tutt'intorno aleggiava il profumo degli arrosti: carne, pesce, anguille, il tutto innaffiato con abbondante vino e accompagnato da dolci, in particolare torrone; i cavalieri si sfidavano in evoluzioni e pariglie, mentre di sera gli uomini giocavano a sa murra, cantavano poesie ed accendevano i falò.
Cari amici, su questa località, si potrebbe ancora dire tanto, ma sicuramente correrei il rischio di annoiarvi. Per ora credo che basti. Voglio concludere dicendovi solo che la Sardegna è ricchissima di belle testimonianze del passato, che l'Isola ha un grande patrimonio anche culturale e che, se fossimo più intelligenti, tutto questo potrebbe essere un grande volano di attrazione turistica, capace di calamitare flussi di visitatori e conseguentemente creare posti di lavoro per i giovani. Chissà se le nuove generazioni saranno capaci di portare avanti queste nostre grandi possibilità di sviluppo! Grazie, amici, a domani.
Mario


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