venerdì, dicembre 23, 2016

I RICCI DI MARE, UNA PRELIBATEZZA CHE, SENZA INTERVENTI RISOLUTORI, RISCHIA DI SCOMPARIRE. L’I.M.C. (INTERNATIONAL MARINE CENTER) DI TORREGRANDE (OR) STA EFFETTUANDO UNO STUDIO PER RIPRODURLI IN CATTIVITA’.



Oristano 23 Dicembre 2016
Cari amici,
Han voglia di dire che i ricci si pescano e si continuano a mangiare con grande piacere, in particolare durante i mesi con la R (Febbraio, Marzo, Aprile, Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre), se poi magari li cerchi e non li trovi perchè sono quasi scomparsi! Purtroppo, continuando a pescarli in maniera sconsiderata (si pescano nonostante i divieti) tutto l’anno, in quanto le loro uova, le gonadi, sono considerate una prelibatezza tale da soddisfare i palati più raffinati, potremmo presto dimenticarli. Il problema della sempre più scarsa disponibilità di questo prodotto non è di poco conto, anzi personalmente credo che debba essere seriamente affrontato, prima che si creino le condizioni per la loro scomparsa. Allora, vediamo più da vicino chi è il prelibato riccio di mare.
Il riccio di mare, quello presente sulle nostre coste è il Paracentrotus lividus, è un organismo marino appartenente alla classe dei Phylum Echinoidea; la classe Echinoidea comprende circa 950 specie marine, diffuse in tutti gli habitat del mondo fino a 5.000 m di profondità. Di queste, 26 specie si ritrovano nel Mar Mediterraneo. Nel nostro mare i ricci sono diffusi ovunque, e a prevalere è il Paracentrotus lividus, dai coloro molto variabili che vanno dal nero al viola e le sue uova sono davvero una prelibateezza.
Di questo riccio infatti si mangiano le gonadi, l’ovario color arancione (il colore varia dal chiaro all’arancio intenso, tendente al rosso) contenuto all’interno del guscio. I ricci si presentano a forma di palla, sono ricchi di aculei lunghi e vetrosi, fragili al tatto ed al calpestio, e la loro puntura crea non pochi problemi, risultando molto fragili. Per aprirli e prelevare le uova esiste una apposita forbice detta "taglia ricci", oppure si può ricorrere ad una robusta forbice. Le gonadi sono maggiormente sviluppate in alcuni periodi dell’anno (i mesi con la R), e il periodo migliore per gustarli è l'inverno, tra Novembre e Febbraio.
Purtroppo la pesca indiscriminata dei ricci in tutto il Mediterraneo sta causando un impoverimento accelerato della specie, che, se non vi si pone rimedio, corre il rischio di far scomparire dalle nostre tavole questa prelibatezza. In Sardegna le ordinanze della Regione Sarda sono abbastanza severe, e prevedono multe salate. Anche nella presente stagione 2016/2017, la pesca del riccio è aperta dal 1° Novembre al 30 Aprile, come ha disposto il decreto dell’Assessorato all’Agricoltura.
La pesca è di norma consentita ai pescatori marittimi professionali, con precise disposizioni inerenti la barca e gli attrezzi di pesca; il pescatore, inoltre deve tenere conto del numero dei ricci pescati in un apposito giornale di bordo (il limite attuale consentito è di 1.500 esemplari). Le violazioni comportano il ritiro dell’autorizzazione alla pesca professionale per la durata di un anno. Ai pescatori sportivi (a loro la pesca è consentita solo il Sabato, la Domenica e i giorni festivi), il limite consentito è di 50 esemplari.
Nonostante le severe norme restrittive le violazioni sono all’ordine del giorno. Anche le zone marine protette non ne sono indenni dalle "invasioni" e la pesca sconsiderata è sempre più allarmante: il riccio nei nostri mari è sempre più raro! Che fare, allora, per salvaguardare una specie che fornisce alle nostre tavole una bontà sopraffina che non ha confronti? Una soluzione potrebbe nascere proprio in casa nostra, nel golfo di Oristano, dove opera il Centro Marino Internazionale (I.M.C.), che ha da tempo avviato uno studio tendente a ripopolare diverse nostre zone, ormai sguarnite di ricci, attraverso l’impianto di un allevamento/riproduzione in cattività. Il progetto, originariamente nato nel 2014 per studiare questa specie dal punto di vista qualitativo, organolettico e nutrizionale, si è poi ulteriormente allargato.
I ricercatori dell’I.M.C., diretti dal biologo Paolo Mossone, con un innovativo progetto stanno studiando la possibilità di riprodurre, attraverso la fecondazione artificiale, la specie in laboratorio. La tecnica utilizzata prevede che, dopo la fecondazione, le larve appena nate vengano coltivate in vasche per la durata di circa un mese; trascorso questo periodo le larve passano allo stato di minuscoli animali e, in questo stadio vengono trasferiti in altra vasca controllata, dove vengono alimentati fino al passaggio finale: il reinserimento dei piccoli ricci nei fondali marini.
Cari amici, il progetto è ancora nella fase sperimentale e, considerato che non vi sono molti precedenti al riguardo è oggi difficile ipotizzare se con questo nuovo sistema i fondali potranno essere ripopolati. Io sono fiducioso e penso che sarà possibile! Sarebbe davvero un peccato, che una straordinaria bontà come le uova di riccio, sparisse dalla circolazione!  Sapete che vi dico? Uno dei prossimi giorni riporterò su questo blog un paio di ricette, dove le uova di riccio sono davvero protagoniste!
A domani.
Mario

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