martedì, novembre 14, 2017

LA DOMENICA NON È PIÙ IL GIORNO DEL RIPOSO! LA FLESSIBILITÀ SEMPRE PIÙ AMPIA HA CANCELLATO IL CONSOLIDATO DIRITTO DEI LAVORATORI A GODERE DEL GIORNO DI FESTA. CHI SI RIBELLA VA A CASA.



Una volta..."Domenica era sempre Domenica..."
 
Oristano 14 Novembre 2017
Cari amici,
Di questi tempi una delle frasi che si sentono di più in giro è questa: "Ringrazia che hai un lavoro!" Si, amici, una delle più grandi tristezze di questo periodo è proprio la mancanza di lavoro, per cui per averne uno siamo pronti a qualsiasi sacrificio, anche a “prostituirci”, inchinandoci come schiavi al Faraone/datore di lavoro diventato il nostro salvatore, e noi, per lui, gli schiavi di turno. Quando si manifesta una carenza importante come quella del lavoro, quando la crisi occupazionale raggiunge livelli stratosferici (quella giovanile è più vicina al 50 che al 45 per cento), trovarne uno, anche non adeguato alle proprie capacità ed ai titoli posseduti, diventa una manna del Signore e per mantenerlo, costi quello che costi, accettiamo tutto.
Quando ancora lavoravo (operavo nel settore bancario ed erano gli anni ‘90) ricordo che fu ventilata l’ipotesi di aprire al pubblico il Sabato mattina; non immaginate con quale turbamento fu vissuta quella proposta, tant’è che poi, almeno per il periodo che mi ha riguardato, non fu mai messa in opera, dopo aver effettuato i primi esperimenti. Ora, invece, ci ha pensato la grande distribuzione a rompere il vincolo del riposo domenicale, ottenendo di aprire al pubblico tutti i giorni, sette giorni su sette. E, seppur contrattualmente non sia possibile “obbligare” il lavoratore ad essere in servizio attivo per tutta la settimana, i sistemi per convincerlo non mancano.
Se è pur vero che Il datore di lavoro non può obbligare un dipendente a lavorare in un giorno festivo (lo ha confermato la Cassazione, con la sentenza n. 16592/2015, dove ha ribadito che l’obbligo esiste solo per gli addetti alle pubbliche funzioni come gli ospedalieri e gli addetti alla pubblica sicurezza), rifiutarsi risulta qualcosa di altamente pericoloso. Lo sanno in tanti, in particolare quelli che all’atto dell’assunzione (prendere o lasciare), in certe aziende hanno dovuto firmare una lettera di dimissioni volontarie “in bianco”, senza data. Ecco dunque le veridicità del detto comune che “bisogna baciare le mani che ti danno lo stipendio”, perché se non te la senti di accettare certe condizioni di lavoro, dietro di te c'è la fila che scalpita per sostituirti.
L’avvento della globalizzazione, come ben sappiamo, di mali ne ha portati diversi, ma la aumentata competizione nel mercato del lavoro (una volta che sono entrate sul mercato nazioni dove lo sfruttamento è ancora una pratica corrente) uniformare Paesi e culture tanto differenti è stato, forse, il male peggiore, che ha fatto fare alla nostra civiltà occidentale un bel salto indietro nel tempo. Si, stiamo tornando allo schiavismo dell’800, quando era la norma sentir dire al lavoratore: «Io ti pago la giornata di lavoro e tu devi fare quello che voglio io». Poi sono venute le prime lotte, gli scioperi, la richiesta di riduzione della giornata lavorativa, da 12/14 ore alle 10 e poi, infine alle 8 ore. Oggi constatiamo l’inversione di rotta: si è ripreso ad “usare” i dipendenti come oggetti inanimati, da spostare di qua e di là! Insomma, il sogno del padrone dominante, è tornato in auge.
Cari amici, in questo arcaico ritorno al passato, in questa nuova forma di violenza perpetrata contro chi ha bisogno di un onesto lavoro per mantenere la famiglia, io vedo un ritorno allo schiavismo padronale. L’idea dominante che permea il padronato (fatto in gran parte da multinazionali, spesso più importanti delle stesse nazioni) è che il lavoro debba essere considerato un regalo, una concessione, un perfido gioco da prendere o lasciare, altrimenti avanti un altro! Incredibile ma vero, ma quella attuale è una triste e dura realtà dalla quale sarà molto difficile uscire. Bisognerebbe “inventare” un nuovo equilibrio economico per uscire da questo paradosso, che necessariamente potrà essere trovato solo con un deciso e forte intervento da parte della mano pubblica.
Anche la Chiesa è certamente chiamata a fare la sua parte. Di recente c’è stato un forte richiamo dei Vescovi, secondo cui il diritto al “riposo domenicale” è sacro e inviolabile per ognuno di noi. “Possono chiederlo ai loro fedeli - sostengono molti - non a tutti gli italiani” è stata la secca e accomodante risposta del padronato. Il fatto è che il no al riposo viene legittimato artatamente con una sorta di anticlericalismo posticcio, ma è solo strategica mala fede; in realtà non c’è niente di più falso: ci sono molte motivazioni perfettamente laiche (e che nulla hanno a che fare con la dottrina religiosa), per spiegare che anche ai non cattolici il diritto al riposo è sacrosanto e deve essere riconosciuto.
Amici, una volta, quando io ero ragazzo c’era una bella canzone che diceva: “Domenica è sempre domenica, si sveglia la città con le campane…”.  Ora, però non è più così! Lo sfruttamento domenicale per i lavoratori, che si alzano ben prima del tocco domenicale delle campane, fa bella coppia con la caduta verticale del lavoro e con gli stipendi fermi al palo da anni.
Cosa si potrà mai fare per far sì che i lavoratori possano riprendersi le domeniche e far sì che la loro vita familiare possa svolgersi con la serenità dovuta, cosa che, tra l’altro, garantirebbe anche al datore di lavoro un maggior impegno e una maggiore affezione all’azienda? 
Credo che il mercato del lavoro vada davvero rivisto di sana pianta…
A domani.
Mario

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